26
Mar 2008
ore 11:05

Qualità e paura

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Sono i problemi nell'epoca della globalizzazione: la qualità e la sofisticazione

Perché i prodotti di qualità difficilmente reggono i grandi numeri.
Perché la qualità ha un costo e quindi maggiore è la qualità maggiore è il prezzo.
Perché i prodotti di successo attirano gli speculatori e la sofisticazione.

E' così per la mozzarella, protagonista in negativo nell'ultimo periodo, ma lo è per la carne, per il pesce, per i salumi, per il pane, per le verdure.
Che la qualità non sia una e che costi e si paghi proporzionalmente lo riteniamo normale per auto, scarpe, occhiali o case ecc... ma per i prodotti alimentari, i ristoranti e i vini pensiamo non debba essere così, pensiamo che la qualità sia una e così il prezzo.
La mozzarella alla diossina? Alcuni caseifici sono di speculatori che immettono sul mercato prodotti senza controlli, i caseifici di qualità controllano tutta la filiera e fanno mozzarella sempre buona ma un po' più costosa. I polli ruspanti sono fantastici ma costano molto di più dei polli allevati in batteria. Il pesce di mare costa molto di più di quello di allevamento - cosa si dirà quando ci sarà, e potrebbe accadere, "salmone pazzo" per via dei mangimi? Idem per la carne, in fondo "mucca pazza" è solo di ieri. Il vino ha passato l'effetto metanolo, 1986, che ha distrutto un settore, capace però di ricostruirsi. E gli esempi potrebbero essere molti altri.
Come difendersi? Con la conoscenza, con l'educazione al gusto fin dalle elementari, con i controlli di Asl, Nas ecc... ma prima di tutto col buon senso delle nostre tradizioni e non inseguendo le mode, ultime quelle del tonno e del sushi, tanto per capirsi.

commenti 27

La qualitá non regge i grandi numeri? Forse in Italia paese piccolo e superpopolato. Prosciutto iberico: 2 milioni e passa di maiali in purezza che pascolano nella dehesa extremeña. Agnello spagnolo: 40 milioni di capi allevati e qualitá sempre sublime. http://www.pubit.it/sunti/euc0012c.html
E il maialino da latte: a Segovia é sempre eccellente, in Sardegna la metá delle volte ti rifilano quelli olandesi d'importazione spacciandoli per autoctoni. Carne di vacca in Argentina e Spagna: milioni di capi allevati bradi di razze autoctone (morucha, rubia gallega, nera di Avila, retinta ecc.). Pesce di mare? In Spagna si pescano piú di un milione di tonnellate l'anno di pesce di mare e il consumo sfiora i 30 kg. per abitante (di pesce marino non d'allevamento, anche se Dani Garcia voleva propinarci le orate di allevamento...), e vogliamo parlare della francia, dove il pollo di Bresse é alla portata di tutti e non occorre essere amici di Monica Maggio per procurarsene uno, della Turchia autosufficiente in campo alimentare. L'Italia non puó reggere la sfida perché ha costi di produzione piú alti, meno addetti ai lavori nel settore, meno spazi, proprietá piú frammentate e quindi solo qualche buon samaritano puó produrre qualitá come il buon Paolo Parisi, i Falorni. Forse per difendere le nostre tradizioni é un po' tardi, d'altronde quante razze e salumi abbiamo perso negli ultimi decenni (e vedere la guida del Touring del 1931 ripubblicata qualche anno fa é un colpo al cuore)

26 Mar 2008 | ore 13:03

Una cosa assurda della storia della mozzarella di bufala così come è stata trasmessa dai telegiornali e giornali è che io continuo a trovare gente che mi dice: "Vedi vedi, tu che compri quelle cose costose pensando che siano speciali e poi c'è la diossina dentro". In pratica il risultato è che i fans del prodotto-da- supermercato-meno-costa meglio-è pensano che di essere più furbi di me che se devo comprare la mozzarella vado a cercare quella (secondo me) più buona. E dato che fare distinzioni è troppo complicato per loro la mozzarella di bufala è tutta uguale (così come il prosciutto è più o meno tutto uguale, la pizza, il vino); quindi la fregatura l'avrei presa io. Quindi andranno ancora più felici a comprare la prima "mozzarella" non campana che trovano al discount. Per dire quanto è mediamente chiaro il discorso qualità!!!

26 Mar 2008 | ore 14:07

Ci pensi un attimo Direttore, lei che sicuramente ne sa più di me, nel settore alimentare siamo subissati da una miriadi di leggi e regolamenti che da un punto di vista del produttore italiano stanno generando costi maggiori rispetto al passato, le stesse leggi però viste da chi vive fuori del nostro paese non sono assolutamente sinonimo di garanzia.
E' la nostra credibilità che è minata nel profondo: siamo italiani. Le nostre leggi, lo sappiamo noi e lo sanno anche all'estero, servono solo ad aumentare il codazzo clientelare di nomine in agenzie di controllo, di certificazione, di sachichecosa. Chi ci va di mezzo sono le imprese, gli artigiani, che aldilà e aldisopra delle leggi fanno un prodotto di qualità e autocertificato prima di tutto. Ma quanto dureranno?
Saluti Marco

26 Mar 2008 | ore 14:15

Sono stato molte volte in Spagna nella mia vita e quando dico molte parlo di una cinquantina se non di più. Riconosco che gli spagnoli hanno fatto una grande crescita ma comunque in questi anni ho spesso mangiato prosciutto mediocre se non pessimo, pesce che dire non di giornata è dire poco, paella che faceva letteralmente schifo perché fatta con prodotti surgelati e via dicendo.
Trasformare la Spagna nella terra promessa mi sembra altrettanto sbagliato che dire che da noi tutto va male.
Comunque Joselito 5 jotas non è esattamente prodotto in centinaia di migliaia di pezzi ma è praticamente numerato, parlare di prosciutto spagnolo è come dire la moda italiana, tutto e nulla,le acciughe del Cantabrico richiedono un mutuo ma sono rare anche per gli spagnoli, le guance di merluzzo costano una tombola.
Insomma, la grande qualità costa molto e non è prodotta in grandi numeri da noi come in Spagna.
Temo che non ci capiamo sul concetto di grande qualità ma se dico che la Bmw serie 5 è prodotta in molti meno esemplari della Punto, va più veloce, è meglio rifinita ma costa tre volte tanto forse ci capiamo perché io non ho detto che la Punto fa schifo ma che la Bmw è molto ma molto più raffinata quanto a motore, interni, design e rifiniture.
Così per i grandi prodotti.

26 Mar 2008 | ore 14:40

Non per fare la voce fuori dal coro, ma non necessariamente "qualita'" significa anche "sicurezza alimentare", tanto per rimanere nelle mozzarelle. Se a monte del mio allevamento super DOP-IGP-IGT-vattelapesca scaricano schifezze, queste possono, mio malgrado, passare nell'erba, poi nel latte e infine nella mozzarella. E non c'e' marchio che tenga. Anzi, se sono una grande industria e' probabile che abbia dei controlli piu' stringenti.

Tanto per fare un altro esempio: ci sono delle farine di mais "biologiche, macinate a mano con i sassi sotto la luna piena" che hanno una concentrazione di tossine (naturali) che le rende(rebbe) fuorilegge se ci fosse un controllo sanitario. E magari la polenta, con quelle, e' strepitosa...

Insomma, distinguiamo gusto e sanita'

26 Mar 2008 | ore 14:54

Bressanini ma che dice? I caseifici di prima categoria fanno costantemente l'analisi del latte e se avessero diossina non farebbero la mozzarella. Tutto qui.
Anche questa è qualità.

26 Mar 2008 | ore 15:14

Perche', la diossina fa parte dei controlli "standard" ? Esistono migliaia e migliaia di sostanze che possono contaminare gli alimenti, e mica vengono controllate di default: sarebbe un lavoro immane. A volte i controlli vengono fatti proprio sull'onda di qualche scandalo.

26 Mar 2008 | ore 15:29

Ma i controlli standard dell'industria quali sono? Ipotizzando che quelli standard di un produttore di qualità non comprenda la verifica diossina e di tutte le possibili sostanze contaminanti, i test normali dell'industria invece sì?
E comunque, è meglio un uovo prodotto da galline-zombie ma perfettamente sterilizzato oppure uno con qualche batterio ma da polli che vivono come hanno sempre vissuto i polli?

Io così di natura tendo a pensare che l'industria cerca di riflilarmi spazzatura artificiale e il piccolo produttore selezionato di fiducia invece maggiore qualità....poi non so...

26 Mar 2008 | ore 16:56

Chi sta in Campania la diossina la sente nominare da alcuni anni e così degli scarichi di materiale velenoso e altamente cancerogeno e solo i produttori di malaffare fingono di ignorare che lì vicino interrano autobotti con veleni delle industrie del nord.
La conoscenza del proprio territorio fa parte della qualità e le Asl, come ha mostrato l'inchiesta di Report, sono alcuni anni che indicano le falde acquifere avvelenate e via di questo passo.

26 Mar 2008 | ore 17:15

comunque la qualità per la enogastronomia... cari signori pur se se se ne parla è perseguita da pochi cittadini... molta gente si chiede qualità.. quale... e garantita da chi...molti inseguono altre tipi aparenti qualità..quelle delle macchine dei telefonini dei vestiti delle scarpe...direi che in questi casi cercano la firma come simbolo della qualità e lo si fa per apparire perchè questi sono i mezzi per farsi notare e piacere...ho reso!!! forse chi sa

26 Mar 2008 | ore 17:32

la qualità maggiore è il prezzo si però,non è cosi per tutti. In questi giorni ho letto una ricerca di mercato che indicava che il 78% dei consumatori sceglie in base al prezzo del prodotto, questo viene prima delle informazioni sanitarie e nutrizionali, della marca, della certificazione, dell'impatto ambientale sono tutte cose che considerano secondarie. Sicuramente l'educazione al consumo aiuta nelle scelte, ma bisogna tenere presente che molti consumatori devono confrontarsi con il portafoglio. La qualità del prodotto italiano è alta e fa la differenza è anche vero che da qualche tempo a questa parte alcuni prodotti hanno un costo che si fa fatica a giustificare.

26 Mar 2008 | ore 23:08

Io noto con stupore, assoluto stupore che questi post sulla mozzarella attirano dieci, quindici interventi anche se a leggerli sono varie migliaia di persone.
Io sono senza parole di fronte al mutismo che spero non sia disinteresse di fronte ad un problema spaventoso e drammatico quale è quello della Campania dove la situazione in alcune zone è fuori controllo perché di lì può partire un'ondata di psicosi anti prodotti italiani dagli effetti spaventosi.
Qui non parliamo di contaminazioni da diossina di massa ma della convinzione, che sta prendendo piede, che i prodotti provenienti dalla Campania siano tutti contaminati - cosa non vera - ma certamente stanno allargandosi le zone fuori controllo e sta aumentando l'immagine negativa della mozzarella.

27 Mar 2008 | ore 00:36

Intanto vediamo la situazione come sta in una parte della Campania.
http://www.arpacampania.it/dett_news.asp?id_news=1134
Il problema è che non si conosce il resto e allora: W l'ammuina!

27 Mar 2008 | ore 00:41

Caro Bonilli, si interviene poco perchè c'è poco da dire. D'altra parte mi sembra ciclico, prima la mucca pazza poi l'aviaria adesso la mozzarella alla diossina......sarà il "progresso"?

p.s.: "non inseguendo le mode, ultime quelle del tonno e del sushi, tanto per capirsi". Finalmente qualche intervento autorevole sul tema. Era ora. Carne cruda, pesce (ma dico pesce che sa di pesce non tonno) cotto. I nonni non sbagliano mai!

Ad Majora

27 Mar 2008 | ore 08:10

Caro Bonilli, non meravigliarti, capita anche a me, seppur nel mio ridimensionato contesto!! Cmq, se ti capita di leggere qualche acclamato "perfect" blog di ricette, vedrai anche 50/60 commenti. Nessun problema, largo alle pirofile. In Italia però, non ci sono solo i manicaretti, ma acuti problemi e situazioni legate o riconducibili all'agroalimentare. Ma non interessa quasi a nessuno, purtroppo! Alla persone piacciano le cose belle, le forme. La sostanza è troppo complicata. E’ importante parlarne e tu, direttore, dimostri molta sensibilità al dovere di informazione.

27 Mar 2008 | ore 09:55

Magari non lo si è ben capito ma io non penso al blog, agli interventi e a quelle cosette lì ma al problema mozzarella-diossina e al disinteresse o, come è stato scritto, al fatto che non si sa cosa dire.
Sono situazioni nelle quali bisogna ragionare e se si è appassionati, intervenire nel nostro piccolo, prima informandosi e non reagendo di pancia e poi facendo anche atti concreti.
Come? Beh se si è convinti che il problema non è della mozzarella ma di alcuni produttori e non certo i migliori, continuando ad acquistare la mozzarella, ordinandola al ristorante - se ci si fida di quel ristorante, ovviamente - parlandone appunto e non facendosi trascinare dal gorgo emotivo che arriverà anche alle verdure della Campania e poi al turismo, già massacrato e poi al marchio Italia.
Ancora una volta si tratta di ricostruire la filiera della qualità, cioè della fiducia: prendo la tua mozzarella perché so che tu negoziante o ristoratore acquisti solo cose buone e garantite.

27 Mar 2008 | ore 10:30

Fiducia, informazione tutto condivisibile, ma il consumatore deve poi poterla vedere sul prodotto la sua informazione e la sua fiducia. Mi spiego con un esempio: le uova confezionate al supermercato. Se ne trovano tante, con prezzi diversi e, a parte le biologiche dichiarate, sulle altre è difficile orientarsi: quasi tutte le confezioni riportano la descrizione della codifica dell'uovo e relativo significato (0.1.2.3), ma nessuna dice che uovo c'è nella confezione, che numero porta. Lo si scopre solo aprendo, a casa, la confezione ed è sempre 3, allevati in gabbia. Ora temo che di numeri 1 e 2 non ci sia l'ombra sul mercato, e dubito che le confezioni biologiche poi lo siano davvero, ma questo è l'esempio di come se c'è una legge che ti obbliga a scrivere qualcosa in etichetta lo fai obtorto collo, senza che questo comporti aiuto al consumatore, aiuto alla ricerca di qualità e trasparenza. Ecco perchè poi scarseggia la fiducia.

27 Mar 2008 | ore 11:04

Mi sembra un perfetto esempio di come una buona legge possa creare confusione.

27 Mar 2008 | ore 11:31

Eppure mi ricordo che in una recente ricognizione al supermercato ho ispezionato (anche) tutte le uova. Io qui numeri li ho visti. Quindi o stavano sulle confezioni (cosa che mi pare più probabile), oppure erano confezioni che si potevano aprire e richiudere per verificare i numeri (nel qual caso io le ho aperte e richiuse).

Il fatto è che io quando una cosa mi interessa sono meticolosissima e paziente, la maggior parte della gente che conosco non ha voglia, prende quella col cartello più fluorescente (che non necessariamente è il più conveniente come q/p).

Per le mozzarelle, ovvio che io continuo a comprarle (anche se onestamente io non mangio mozzarella tutti i giorni, quindi non posso fare più di tanto). Ovvio che dico sempre a quelli che conosco che non tutti i prodotti sono uguali e tutto il resto, però poi sono pochi che hanno voglia di ragionare e riflettere - di solito preferiscono comportarsi seguiendo semplicemente i flussi delle paure indotte dagli allarmismi collettivi. E che ci possiamo fare?

27 Mar 2008 | ore 12:02

Infatti non compro uova al supermercato ma da negozi di fiducia ove, se ho dubbi, apro la confezione. La fiducia di cui parla il Direttore nel fornitore qualificato (e in fondo della persona) è un aspetto importante poiché forse l'unico capace di una cospicua attendibilità, più ancora dei vari marchi generalisti di controllo. Conoscere la filiera, il produttore, il dettagliante, il ristoratore, la loro storia che più di tutto testimonia prodotti, metodi e lavorazioni è un fatto importante anche se non di semplice applicazione. Tutto il resto, etichette comprese, rispondono ad una logica che, oltre al prodotto, va al mercato, alle sue leggi ed ai suoi equilibri di forza. A tutti sarà palese come la legislazione su cosa e come si deve scrivere in etichetta sia un prezioso ricamo di compromessi e convenienze anche sovranazionali mentre sarebbe estremamente più esaustivo scrivere semplicemente cosa c'è dentro, chi l'ha prodotto e da dove viene. In alcuni settori merceologici si è già fatta parecchia strada in altri regna ancora parecchia fumosità. Una scelta consapevole è frutto di completezza di informazione e se non voglio acquistare quel marchio per una qualsiasi mia ragione etica o pratica che sia devo sapere quali sono i prodotti cui quel marchio fa capo.
Tornando alla mozzarella: “Ci siamo Giggia!!” Da quanto tempo e per quante volte ancora potremo utilizzare la gustosa gag Govi-Gaioni dei famosi Maneggi? “Ci siamo Giggia!!” e cioè i nodi vengono al pettine. Quanto degrado politico-amministrativo radicato negli anni e comune ai diversi colori ha solamente spazzato sotto il tappeto? Cosa ci si può aspettare da un mancato controllo del territorio, da interessi malavitosi lasciati a ruota libera, da collusioni e connivenze, da una quasi costante incertezza della pena? Semplice: che alla lunga la paghino tutti anzi ancor più chi ha lavorato bene poiché non avvantaggiato dai minori costi e relativi maggiori guadagni accantonati, ottimi produttori che è molto difficile premiare visto che la grancassa mediatica fa di ogni erba un fascio. E la legge arranca anche quelle tutto sommato buone poiché c’è solo una cosa peggiore di una cattiva legge: una buona legge non fatta applicare e così il merito, la correttezza, la qualità rimangono baluardi personali, professionalità che nemmeno questo staterello è in gradi di scalfire. Siccome ce ne sono, e non sono pochi, cerchiamo di premiarli con maggiore attenzione ed informazione e con l’enorme potere che è ancora in mano a noi consumatori: la scelta.

27 Mar 2008 | ore 12:11

Qualche settimana fa ho sentito Giorgio Locatelli -lo chef Italiano piu' influente negli UK- dire alla BBC che lui la mozzarella di bufala preferisce non darla ai propri figli. Non esattamente un'iniezione di fiducia nel mercato inglese.

(Per la precisione: 'With the refuse crisis in Naples forcing residents to burn rubbish, Michelin starred chef Giorgio Locatelli has caused a stink of his own by suggesting the released chemicals are ending up in the food chain.

'Locatelli believes local milk and buffalo mozzarella is tainted and said he certainly wouldn't feed the produce to his children. ')

Traete voi le conclusioni. Io non sono molto ottimista sulla creazione della filiera di fiducia, se non in un circuito di pochi privilegiati. La reputazione di noi italiani all' estero (e forse anche fra noi...) e' quella di un popolo inaffidabile e privo di istituzioni credibili. Perche' mai dovrebbero continuare ad importare la nostra mozzarella? Si', e' buonissima, ma diciamolo, si vive benissimo anche senza, e allora forse fa bene un padre/chef come Locatelli a non darla ai figli. Ci sono zilioni di altre cose deliziose al mondo e in Italia, incluso il sushi. Finche' l'Italia non si costruira' un'immagine di credibilita' generalizzata, crisi come queste avranno un impatto ancora piu' drammatico del necessario. Le vittime sono i 'buoni', certo, ma in un paese come il nostro forse i buoni si devono svegliare e trovare metodi per dimostrare alla massa di essere tali, non solo ai pochi gastrofanatici perditempo come noi.

Avrei voluto vedere reazioni fulminee e clamorose dalle nostre autorita', magari la creazione immediata di una commissione internazionale che agisse d'urgenza per esaminare i produttori. Qualcosa insomma che alimentasse la fiducia al di la' dell'orticello degli appassionati. Ma figuriamoci.

Chissa' che non salti fuori una cordata di imprenditori che salvi la mozzarella insieme all'Alitalia...

27 Mar 2008 | ore 17:41

La Campania in una cosa è in testa a tutti: è la regione italiana che ha la più completa mappatura delle zone contaminate.
Una regione e un ministero intelligenti avrebbero subito pubblicato questa mappatura dalla quale si deduce che l'1,7% del territorio campano è in quinato.
Uno virgola sette percento non cinque o dieci e quindi questa informazione aveva già un effetto depotenziante della psicosi diossina.
Nella provincia di Salerno si producono mozzarelle buonissime e di discariche e roghi di immondizia qui non c'è traccia perché il ciclo dei rifiuti funziona perfettamente eppure grazie alla sottovalutazione del problema questa mozzarella soffre come se fosse in terreni contaminati.
Se poi pensiamo che molti sono convinti che le bufale bruchino l'erba, mentre si nutrono di mangimi di alta qualità e costo.

27 Mar 2008 | ore 18:24

Un comportamento che appare subito evidente è la mancanza di capacità di difesa, di fare quadrato sul problema: invece tutti ci marciano, le tv per fare ascolti, i responsabili per scaricare le colpe, gli anonimi per farsi vedere. E così un carosello continuo di personaggi un po' biechi e sdruciti, di laboratori fatiscenti, di esperti allarmisti: con l'unico effetto, alla fine temo voluto, di aggravare il problema agli occhi del mondo.
Quando sarebbe bastato prima e dopo stabilire e far rispettare delle elementari regole di comportamento. Regole, fiducia, reazioni fulminee, decisioni... parole grosse.

modifica rispondi

27 Mar 2008 | ore 18:54

Dopo aver letto il post di Bonilli verrebbe voglia di praticare il digiuno ma è invece uno stimolo per non subire vessazioni e di manifestare il nostro disappunto di consumatori, in prima istanza..
ciao

27 Mar 2008 | ore 18:57

Insomma siamo i meglio produttori, abbiamo la sede dell'authority europea, i NAS ce li invidiano anche gli americani (per quello che vale), ma il ministro, martedì sera, ha ammesso al Tg2 di non avere nemmeno la lista dei caseifici chiusi per verifiche. Quindi c'é qualcosa che non va e cioé che siamo governati dai soliti cialtroni e non ci facciamo mai valere. Perché invece non dire con fierezza al mondo intero che gli Italiani fanno sempre i controlli ? Ricordo che nel 1999, per i polli alla diossina in Belgio, bloccarono tutta la produzione e cadde anche il governo.
P.S. Gumbo, lasciali pure parlare a vuoto i tuoi "amici" fans dei prodotti cheap, tanto non capirebbero. Sono quelli che poi girano con il SUV, ma hanno il baule pieno di cambiali. Sappi che su 95 Porsche Cayenne circolanti in Torino centro, 73 sono sotto fermo amministrativo.

27 Mar 2008 | ore 19:32

Certo che vedere come è stata amministrata l'ultima fase della polemica politica e giornalistica della mozzarella sotto accusa di diossina fa veramente cadere le braccia e fa capire perché ancora una volta ci siamo fatti del male.
Goffi e in ritardo abbiamo tardato a fornire a Bruxelles elenchi precisi e risposte precise ingenerando il dubbio che ci sia un tentativo di nascondere la situazione.
Mangiare la mozzarella davanti alle telecamere è un gesto simbolico già visto coi polli, con la fiorentina e spero di non vedere per altri prodotti perché sogno dei politici che affrontino problemi e responsabilità sapendo pagare di persona se ce ne fosse bisogno.
Questi non si sarebbero neppure potuti dimettere perché il mondo intero avrebbe riso.

28 Mar 2008 | ore 06:37

Aveva ragione l'ing.Bertolaso della Protezione civile a dire che é talmente alta l'invidia che il resto del modo ha nei confronti dei nostri prodotti alimentari, perché non sono capaci a farli così buoni, che appena noi scivoliamo tutti accorrono per darci mazzate....

28 Mar 2008 | ore 12:01

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