21
Lug 2014
ore 17:29
ore 17:29
E' morto Enrico Casini, cuoco, giornalista e tanto altro
E' morto Enrico Casini.
A molti questo nome può non dire nulla ma lui è un pezzo di storia della gastronomia italiana, un mondo che sempre più spesso non ha memoria nè gratitudine, specialmente da quando esiste il web e tutto va veloce e parla solo del presente, dell'oggi, di altro.
A Roma Casini è stato uno degli innovatori della cucina che usciva dal lungo sonno degli anni '50 e '60, la cucina tradizionale romana con il contorno del folclore più deteriore.
Con il Tentativo di descrizione di un banchetto a Roma che, ovviamente, tutti chiamavamo Il Tentativo ed era una citazione di una poesia di Prévert del 1931 che si intitolava "Tentative de description d’un diner de têtes à Paris" e poi con Il Bacaro e la giovanissima Francesca Dolcetti, l'Osteria degli Specchi e il Pitorsino, a Ansedonia, Casini è stato uno dei protagonisti di questo cambiamento.
Lui era poliedrico, cucinava, organizzava cene, feste, viaggi e scriveva di critica gastronomica per la guida dell'Espresso, era molto legato a Federico Umberto d'Amato che di quella guida era l'inventore e l'anima.
Ha curato una delle prime premiazioni che la Guida dei Ristoranti del Gambero Rosso ha fatto negli anni Novanta all'Hilton, allora aveva già l'Osteria degli Specchi dove al banco del bar serviva i vini un signore di nome Silvano Prompicai, uno dei migliori palati italiani di sempre.
Era un'altra Roma gastronomica, c'era l'Ippocampo II di Marcel Botton, 15/20 nella prima guida Espresso, quella del 1979, un cuoco francese che piaceva a D'Amato, che allora si firmava ancora Federico Godio, c'era Carmelo alla Rosetta, c'era Al Fogher, c'era Papà Giovanni, c'erano Rosanna e Matteo, prediletti di D'Amato e Enrico Casini, cuoco, giornalista e animatore faceva parte della squadra Espresso fin dai primi anni insieme con personaggi di un'altra Roma gastronomica come Gigi De Santis, Giuseppe Mantovano, Elena Guidi, Sergio Spina e un certo Edoardo Raspelli.
Da diversi anni si era trasferito a Le Casacce, a una ventina di chilometri da Montalcino, tra la Val d'Orcia e l'Amiata, un agriturismo di grande qualità dove cucinava, faceva olio, animava il soggiorno dei suoi molti ospiti.
Stefano Bonilli
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Mi ricordo nel 1988, 15anni, a leggere una guida Espresso '82 a casa di un amico, forse la prima. Una perfida recensione sul Tentativo, di quelle che oggi non si leggono più. E ricordo anche l'incontro con lui e le chiacchiere con Francesca, ritrovata per paterne ragioni statistiche. Bei ricordi :-)
Morire d'estate è triste perché tutti sono via, in viaggio, disattenti oppure leggono e non sanno chi eri tu Enrico, giovane-vecchio uomo dalle mille storie che hai risvegliato il mondo intorpidito e grezzo della ristorazione romana, quella dei Ciarla e dei Bastianelli, una ristorazione provinciale e curiosa, dominata dal tuo grande protettore, Federico D'Amato, che incensava il ristorante di Ottaviani e stravedeva per Rossana ma a te ti voleva bene perché eri giovane e geniale, diverso, leggero ed elegante.
poi sei sparito, prima al Pitorsino e poi in Val d'Orcia e quelli che adesso a Roma si affannano per aprire un locale che copia un altro locale e cita malamente un'insegna newyokese appena hanno sentito parlare di te.
E pensare che tu eri già avanti venti anni fa.
Mi ha mandato una sms ieri sera tardi Daniele Cernilli.
Due righe che non ammettevano dubbi, Enrico era morto, e io che rispondevo chiedendo se era malato, come era successo.
Un ictus mi ha risposto Daniele poi oggi non ho visto nessuna notizia sul web perché la rete non conosce il passato e anche google non è in grado di dire nulla sul "Tentativo di descrizione di un banchetto a Roma", il suo primo locale romano, perché google è la memoria dell'ovvio, del comune, non permette una vera ricerca del passato che è stato importante ma non ancora raccontato in qualcuno dei numerosissimi blog che si occupano di cibo e vino senza sapere chi erano quelli che c'erano prima.
Mi ha telefonato stasera Enzo Vizzari da New Orleans, era addolorato e stupito, aveva letto la notizia qui sul blog e mi chiedeva una conferma che purtroppo gli ho dato e anche lui era colpito da questa perdita improvvisa.
Enrico ci avrebbe fatto su una battutaccia su questo silenzio romano e sul lento tam tam estivo che culminerà in stanche rievocazioni.
In realtà lui aveva troncato con Roma da anni e Roma lo aveva semplicemente dimenticato, come usa.
che posto la roma degli anni 80... si andava a mangiare al bacato, una piccola comunità, Paolo Poli serviva i vini... Enrico con ricci e occhialini tondi si aggirava... poi si andava a bere all'Hemingway da Billy o alle Cornacchie... mi dispiace molto ci abbia lasciato un altro protagonista di quegli anni... e mi sento vecchio ;)
la sola cosa che non mi torna è che io il Tentativo lo avrei spostato dopo il bacato, ma sarò io ad averlo dimenticata :)
ciao A
Che tristezza, Alessandro.
Tutte le persone che hai citato non ci sono più, invecchiamo e, chissà forse anche per questo, la città, e la ristorazione di questa città hanno perso il fascino e l'epos di un tempo...
Stefano, in realtà gli si è semplicemente fermato il cuore durante il sonno. Come era accaduto a suo padre, ed era una cosa che temeva potesse accadere anche a lui. Mi ricordo che ne parlava, ma poi ci rideva su. Dei protagonisti di quegli anni vorrei anche ricordare Roberto Minnetti, che è vivo, chissà dove, a cucinare per chissa chi. Allora, quando Enrico aveva lo Specchio delle Mia Brame, che era vicino al Pianeta Terra, ci si vedeva tutti da uno o dall'altro a parlare della cucina moderna, di vini e di vita. E si litigava. Ma poi il giorno dopo si ricominciava come se nulla fosse accaduto.
Oltre ai ricordi di Daniele, tutti anche miei, devo aggiungere due avventure condvise con Enrico, una vissuta ed una solo avviata. La prima, che non entra mai nella sua biografia di cuoco e ristoratore ma che fu importantissima, ci ha portato a lavorare fianco a fianco per mesi, trasformando i fornelli delle cucine di Castello Banfi in un vero ristorante. Li', Enrico, dovette scontrarsi per l'ennesima volta con le resistenze dei devoti della dea tradizione (e vinse) e misurarsi ogni giorno con una categoria di avventori difficilissimi da soddisfare: ristoratori, enotecari, gestori di wine bar, giornalisti enogastronomici, ecc. ecc.: gli ospiti tipici di un'azienda vinicola. Li' Enrico diede prova di una straordinaria creativita', non quella del "famolo strano", ma quella quieta e sotterranea, tutta giocata sui contenuti, che veniva riconosciuta tale solo a pancia piena, non quando ti presentava il piatto ma quando era il momento di abbandonare la tavola. Subito dopo, venne Il Pitorsino. La seconda avventura e' anche la piu' bella: gli fui testimone di nozze. E come e' meravigliosamente proseguita questa storia lo sappiamo tutti. E anche lui lo sapeva.
appunto era questo il senso Alfonso...
ciao A
Sono senza parole...ho letto solo adesso... Enrico è stato un pezzo di vita....grande amico di mio padre...all'Osteria degli Specchi festeggiammo nel 1988 la laurea di mia sorella..Un personaggio incredibile, un geniaccio
P.S. grazie Stefano per aver ricordato mio padre
Sería posible hoy en Italia un cocinero en ejercicio que escribiera crítica gastronómica de manera libre e independiente? Creo que en España no. Lo más parecido que tenemos es a Philippe Regol, aunque hace 20 años que no cocina profesionalmente.
Anche in Italia oggi non sarebbe più possibile essere cuoco e giudicato da una guida e scrivere giudizi di altri ristoranti sempre per quella guida.
Allora era un'Italia gastronomica che stava cambiando, la guida Espresso, nata nel 1979, stava cambiando la cucina italiana e Casini era un protagonista su entrambe i tavoli, come cuoco e come critico.
Finalmente esa época 65-85, va a ser mucho más interesante de lo que nos han contado. En términos culinarios, pero también de crítica (de invención de una crítica contemporánea), editoriales y de creación de una conciencia gastronómica libre y moderna, tanto en Italia como -a un ritmo diferente- en España.
Y en 1986 naciò el gambero rosso y todo fué nuevo :-D
Ciao Enrico! Ti auguro buon viaggio e quando incontri Paolo salutalo da parte mia. Elisabetta
Solo questo pomeriggio ho saputo di Enrico, non lo conoscevo come voi ma solo da qualche anno alle casacce, ero uno fornitore di prodotti alimentari,posso solo dire che quando se ne vanno persone così rimani incredulo e sperduto nei pensieri della vita, dove ti fermi a riflettere a come sprechiamo il tempo in cose futili e a correre dietro al lavoro.
Le più sentite condoglianze a tutti quelli che lo conoscevano più di me è un grosso abbraccio ai famigliari
Sono addolorata e frastornata per la morte di Enrico. Immersa in così tanti pensieri e ricordi, questo mi sembra un posto speciale dove poterne condividere qualcuno, in particolare con Stefano e Daniele, che della mia storia con lui hanno fatto parte.
Ci arrivo grazie a Sergio Bolasco, il padre di Marco, che mi ha inviato questo link.
Risalgo all’indietro nella storia che ci ha proposto Stefano a recuperare delle tracce di quegli inizi dove prendeva forma un modo di fare ristorazione che ha portato così tanti cambiamenti. Per me così denso di affetti.
Con Enrico c’è stato un rapporto lungo e produttivo, nato a metà degli anni ‘70 sui banchi della biblioteca Gramsci mentre studiavamo all’università. Eravamo dei ventenni e come molti ci sentivamo grandi abbastanza per voler cercare una qualche forma di indipendenza e abbastanza implicati in un impegno politico per voler cambiare le cose un po’ su tutti i fronti della vita.
Volevamo qualcosa di diverso per noi, anche quando si usciva in una Roma dove non c’erano che trattorie o i grandi ristoranti degli alberghi di via Veneto, come l’Eden. Non ci riconoscevamo in quei posti, alla ricerca di una convivialità diversa per noi e i nostri amici. In quel periodo leggevamo moltissimo, di tutto, e mi torna in mente un momento di innamoramento di Enrico per Thomas Mann e Stendhal. Ora direi che, rispetto a quel momento di cambiamento, anche politico, che si avviava nella fine di quegli anni ’70, gli evocavano un sentimento di decadenza, un’intuizione che anticipava le difficoltà che sentivamo arrivare sul piano sociale poi sfociate nella storia che seguì. Enrico combinava entusiasmo e disincanto, in un modo tutto suo. In quegli anni andavamo assieme da Cantarelli a Samboseto, al San Domenico di Imola, dalle suore dell’Eau Vive e al Fogher di Roma ma anche a mangiare il brodetto e la piadina con le erbe nell’osteria dalla Ivia a Gradara dove lo portava suo padre. Compravamo vini e formaggi, provavamo ricette, eravamo attenti e curiosi per il mondo del cibo e del vino dove sentivamo passione e rispetto, tradizione e desiderio del nuovo. Avevamo passato da poco i 20 anni e mettemmo su assieme due ristoranti, il Tentativo e il Bacaro, evolvendo assieme a loro e ad un gruppo di amici con i quali sperimentavamo vita e cucina. Il Tentativo fu “alternativo” perché nasceva da una sperimentazione su tutto. Non c’erano professionisti fra noi, economicamente funzionavamo come una sorta di Comune, ma senza miti, solo perché era quello che ci corrispondeva di più. Lavoro creatività e divertimento erano così mescolati che entrammo in una vita adulta giocando. E rimanemmo stregati dal metterci a fare impresa così seriamente e così per caso. E’ vero D’Amato ne fu sedotto e lo fu proprio da Enrico che in questa avventura si calò più di tutti. Enrico era una persona brillante, oltre che colta, e paradossalmente è stato D’Amato a capirlo subito. Forse aveva una così grande distanza da noi, per cultura ed età, da sorvolare sulle idiosincrasie che Enrico aveva, come tutti noi, meno comprese in seguito da alcuni nostri coetanei. Già allora condividevamo tutto questo con Paolo Poli, un amico ed un compagno di lavoro che è stato speciale che ci è mancato moltissimo.
Il Bacaro fu molto più meditato, Enrico proponeva realizzava spingeva, era uomo d’azione. Io ero più restia, andavo a fare stage nelle cucine in Francia, a Merano, studiavo in back office. Volevamo conoscere le cose da vicino, dalla voce di chi ci stava dentro da anni. Così chiedemmo a Marco Barina, nostro amico ed ex- socio al Tentativo, con conoscenze veneziane, di metterci in contatto con Cipriani a Venezia per parlare dei Bacari. All’Harry’s Bar ci parlò di suo padre, del vecchio Cipriani, della sua idea di osteria, un posto dove ci si poteva sedere ad un tavolo senza conoscere chi ti mangiava accanto. Di nuovo la cucina era un pretesto per parlare di una ricerca su come poter ricombinare cibo e vino per incontrarsi. Sono stati anni intensi, per rapporti altrettanto intensi. Molte cose sono venute dopo. Enrico ha lavorato in modo instancabile, ha tenuto duro, avendo sostenuto tutta la fatica di quelli che le cose le iniziano, le creano dal nulla o quasi, le preparano per altri.
Mi fermo qui. Dispiaciuta ma con il ricordo di una vita piena, di progetti, di impegno, e una felicità vissuta. In questi anni il filo non si è mai interrotto e, sia pure a distanza eravamo rimasti dei punti di riferimento, ci ripromettevamo di fermarci un giorno a riparlare di tutto questo e chissà quant’altro ancora. Non ci sarà dato ma ho sentito che parte di questa storia è anche con voi, con cui mi piace ricordarlo con tantissimo affetto e stima.
Un caro saluto a Laura Mantovano di cui ricordo il padre.
Che bel ricordo, Francesca. Sembra proprio di vedervi, e io mi ricordo bene di tutti e due in quegli anni.
Davvero un ricordo bellissimo. Un abbraccio anche a te Francesca