17
Giu 2006
ore 18:13

Instronzire

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Luigi Veronelli si fermava a parlare con chiunque e amava stare in mezzo alla gente. Luigi Veronelli si definiva anarchico. La nuova generazione di scrittori del settore - giornalisti e non solo - sente molto il ruolo e spesso se la tira. Gli appassionati prendono spesso i peggiori difetti dei loro referenti della pubblicistica di settore. I cuochi di successo sono in fase di mutazione genetica.

Non è che stiamo tutti diventando un po' stronzi?

commenti 20

trovo la sua riflessione più che vera,stiamo ormai superando il limite dei limiti,ognuno si sente in grado di poter giudicare anche in maniera spocchiosa gli chefs ,e alcuni chefs esagerano sentendosi troppo delle star.Ma perchè non torniamo indietro ai tempi in cui si andava al ristorante solo per godere del cibo e non si cucina solo per la gioia di farlo?..........

17 Giu 2006 | ore 20:53

A me non sembra che tu te la tiri, così come non mi sembra che se la tirino i vari Bolasco, Marchi, Massobrio, Vizzari o Cremona. Se proprio dovessi dire chi mi da l'impressione di essere stronzo citerei Camilla Baresani e Camillo Langone, loro si che mi danno l'impressione di tirarsela con tutti i loro falsi manierismi....Ai giornalisti se proprio dovessi muovere una critica è quella di essere molto poco contemporanei. Giuro che non ho mai visto una categoria più mal vestita come quella dei giornalisti gastronomici, sembra che si rifanno tutti il guardaroba all'upim. E poi anche il fisico molto spesso è trasandato, se escludiamo Cremona e Paolini i gastronomi sono tutti con qualche chilo in più. L'unico che escluderei forse è Andrea Petrini magro e sempre vestito a "modo suo".

Trovo molto carina la frase: "Gli appassionati prendono spesso i peggiori difetti dei loro referenti...." almeno se un giorno diventerò stronzo ( a meno che già non lo sia) saprò chi incolpare :-)
Trovo carina anche la frase in cui affermi che i cuochi di successo sono in fase di mutazione genetica. Su questa frase ci si potrebbe scannare per giorni, se poi si considera che anche il Gamberorosso ha contribuito al successo mediatico degli chef , booom! Il gioco è fatto. E lo spargimento di sangue scorrerà a fiumi....

Mucca

17 Giu 2006 | ore 22:30

Premetto che non sono un addetto ai lavori ( gionalista , cuoco ecc...) però vedendo scritto Veronelli mi è venuto in mente il libro "Alla ricerca dei cibi perduti" (ristampato nel 2004 dopo una edizione, ormai introvabile, del 1966). Molte delle critiche mosse da Veronelli sono purtroppo/per fortuna ancora attuali. Certo nel '66 il libro era stato scitto e pensato per un pubblico del secolo scorso (come recita la nota introduttiva alla nuova edizione). Adesso mi chiedo: esiste una pubblicazione attuale simile per spessore culturale e spirito critico rivolta al pubblico/consumatore moderno?

18 Giu 2006 | ore 09:02

Figurarsi se il Gambero Rosso Channel non ha le sue belle responsabilità... che poi dire "responsabilità" è fuorviante, sarebbe più giusto dire che il canale non ha messo subito in campo anche una bella dose di ironia in modo che tutti capissero che non era il caso di prendersi troppo sul serio. In fondo i cuochi sono anche commercianti e se trovano uno che gli fa pubblicità gratis perchè non dovrebbero sfruttare l'occasione. Il problema viene dopo, quando arriva uno straccio di successo: allora ci sono i cuochi che diventano trasfertisti, congressisti, piazzisti e, purtroppo, anche opinionisti. La famosa "mutazione genetica" e per questo fa piacere leggere nelle memorie di Maccioni che Sotha, il suo cuoco cambogiano, un signore da 250.000 dollari l'anno, lavorava anche 15 ore e non ne voleva sapere di andare in sala a parlare coi clienti. Tanto le pr c'era Sirio che le faceva.

18 Giu 2006 | ore 15:17

Aggiungo che a me avere un blog ha insegnato molto e le critiche che ricevo o personalmente o come gambero mi sono molto utili.

18 Giu 2006 | ore 17:30

Be da addetto ai lavori con qualche primavera ho assistito all`evoluzione degli chef e dei giornalisti enogastronomici da maolto vicino e non sarei cosi caustico, in effetti esistono personaggi poco intelligenti che hanno stravolto il loro modo di essere, ma sono mi pare la minoranza, e sopratutto e migliorata molto la condizione sociale di noi sporcapadelle, nel senso che quando da ragazzo dicevi che facevi il cuoco nessuno ti considerava, se lo dici oggi sei al centro di un fuoco di domande e diventi l`attrazione della serata.
Per i giornalisti e gli opinionisti direi che sono in media statistica perfetta, come per qualsiasi categoria ci sono gli intelligenti e gli idioti,capita che qualche idiota diventi piu importante di qualche intelligente, ma sempre rispettando la media di qui sopra.

19 Giu 2006 | ore 06:30

Solo Muccapazza poteva arrivare a dire di Camilla Baresani "mi dà l'impressione di essere stronzo"... Però, che classe, che argomentazioni raffinate e sottili !

20 Giu 2006 | ore 08:30

dal che, ne devo dedurre Franco, che per te langone lo è...

20 Giu 2006 | ore 14:20

Ho conosciuto, credo il vostro rappresentate per la toscana, Viscardi alcuni ne parlavano male ma almeno lui passa fra i tavoli e si interessa di tutti e molto onestamente esprime i suoi pensieri. E non lo fa a caso l'anno successivo si ricordava sempre tutto. Vero è che è un pò folkloristico ma sicuramente simpatico.
ciao Luciano

22 Giu 2006 | ore 22:08

Ziliani, se si parla di stronzi credo che il galateo in questo caso c’entri poco. Come tutti i giornalisti nessuno si espone in prima persona per dire quello che pensa di un collega, tranne te, che per anni sotto la firma di il Franco Tiratore hai spesso ritratto Bonilli come uno stronzo e quando Raspelli vi ha sparecchiato il Buffet non hai esitato ad usare termini poco gentili ed eleganti. Quindi chi è senza peccato scagli la prima pietra sono stanco di avere a che fare con inutili santarellini del web.

Sulla Baresani ti rispondo per interposta persona con la fulgida penna di Camillo Langone, che evidentemente non si fa scrupoli di colpire un blogger qualsiasi (e perché dovrei farmene io?):

La maledizione del lettore maniaco da Il Giornale.it
di Camillo Langone
23/06/06

Niente avance per Camilla Baresani, di cui forse intimorisce l’aspetto algido, ma anche nel suo caso un pubblico di soli uomini. Lei li chiama presunti lettori perché «vogliono sempre parlare di libri, però di quelli altrui». Per un certo periodo ha dovuto subire gli attacchi verbali di un signore che si firmava Muccapazza28, pseudonimo che almeno segnala una certa consapevolezza dei propri disturbi mentali.

Per quanto riguarda Camillo mi spiace che non nutre simpatia per me, volevo tanto condividere con lui qualche pezzo di una mia collezione che so che lui apprezza, naturalmente spedito con un discreto imballo privo di contrassegni.

Mucca

24 Giu 2006 | ore 00:51

Ciao
ma ho l'impressione che vi state criticando forse più per motivi personali che per altro, ma i commenti esterni a voi dove sono, ovvero chi questa str...aggine la subisce perchè è dall'altra parte (produttori e lettori) non è che si sono assuefatti e non vi considerano o come diresti voi non vi ca...no.
E se così fosse non è meglio certi commenti farli in privato? e in pubblico cercare di recuperare un pò di credibilità?
ciao Luciano

25 Giu 2006 | ore 11:18

Questo blog ha circa tremila visite al giorno. Scrivono in venti, forse trenta. Gli altri leggono e io non posso che dialogarci a distanza Una buona regola e il buongusto consigliano di non tirarsi mai fuori dalle critiche, detto questo io penso che nei nostri venti anni di vita abbiamo fatto molte cose buone e, ovviamente, anche errori. I primi sono di gran lunga superiori ai secondi. Nei prossimi venti anni cercheremo di abbassare ulteriormente la soglia dei secondi.

25 Giu 2006 | ore 11:30

Bonilli io non credo che il gamberorosso abbia commesso così tanti errori da dover rimediare in futuro. E' vero che il Gamberorosso Channel essendo stato il primo canale interamente dedicato al Food & Wine poteva dare un immagine diversa al pianeta dei cuochi, magari più spiritosa, divertente e conviviale ma non si può negare che comunque sia stata un'importante svolta mediatica per appassionati e addetti ai lavori.
Secondo me forse bisognerebbe chiedersi se nel tempo da parte della critica gastronomica ci sia stato un adeguamento nella forma del gioralismo gastronomico. Provo a spiegarmi meglio.
Io non so chi sia stato il primo a fare e a inventarsi la critica gastronomica (Veronelli? Bho? Dovevo ancora nascere) e non so quale fosse il suo stile di scrittura e se questo stile sia stato emulato da quella generazione di gastronomi che hanno seguito le orme del vate. Anche da parte dei lettori c'è stato un "adeguamento" passivo a quanto scritto dai giornalisti ed è abbstanza normale considerando che tu, Vizzari, Cremona, Marchi, Massobrio, Raspelli, Fadda, Mazzolini ecc.ecc... avete un approccio da professionisti alla materia. E questo benvenga, esistono altri canali per cazzeggiare sul cibo e il vino e non puoi negare che se ne vedono di tutti i colori.
Il problema semmai è quando gastronomi, chef e semplici appassionati mutano geneticamente diventando qualcosa che in realtà non sono. Ma sono abbastanza rari i casi di stronzaggine.
Tu hai un blog e sei sempre attento a ciò che si dice (nel bene e nel male) Marchi ha un blog e per lui vale lo stesso discorso, idem per Massobrio e Bolasco, Vizzari anche se non ha un blog mi sembra disponibile ad ascoltare e ad accettare critiche, Andrea Petrini è sempre disposto a scambiare informazioni, idem per Cremona, quindi da parte dei gastronomi non vedo tutta questa aria da dare l'impressione di tirarsela. Vedo molto peggio i comuni appassionati che certe volte cercano di emulare i gastronomi, quelli si che a tavola se la tirano. Vederli mangiare sono di una tristezza unica, sorridono poco e danno l'impressione di essere in un cimitero piuttosto che in un luogo vocato alla convivialità.
Diverso discorso invece è per lo chef, e qui iniziano i veri problemi. Lo chef è vittima di una critica gastronomica professionista (cioè seria, o forse stronza) e dei gourmet che hanno vissuto passivamente e alla lettera quanto raccontato dai giornalistidi settore, forse è normale che per uno chef il suo approccio al pubblico offra l'impressione di essere più un Dio proveniente da un altro pianeta se esaltato da critica e pubblico piuttosto che l'immagine di un cuoco che voglia condividere con chi ne voglia il proprio lavoro.
Forse bisognerebbe studiare da parte di tutti un approccio completamente diverso nel mondo del food & wine, sicuramente meno serioso e stronzo e questo conviene soprattutto agli chef. Il caso di Jamie Oliver insegna, non sarà un grande cuoco ma gli affari gli vanno a gonfie vele.....

Mucca

25 Giu 2006 | ore 14:13

Forse la seriosità sta logorando l'immagine della cucina. Che poi le cose che ci diciamo coprono una minima parte del mondo-goloso che io amo smisuratamente e che vorrei sempre più rifrequentare. Gli altri, gli abitanti del mondo-goloso vanno a mangiare avendo forse nelle orecchie alcuni dei nostri discorsi ma arrivati a loro in modo confuso, vanno fuori in compagnia per divertirsi e non per fare i compiti su un vino, su un piatto o su un cuoco. Credo che il mondo-goloso, (tanta provincia italiana, i quartieri delle grandi città, i locali-veri) sia ancora abbastanza integro e che vada frequentato per tornare a divertirsi senza dimenticare professione, guide, classifiche, la televisione e tutto quello che ci sta attorno.

25 Giu 2006 | ore 14:54

Bonilli solo una domanda.
Ma negli anni ’60 qual’era l’approccio al food & wine dei gastronomi, chef e appassionati gourmet?

25 Giu 2006 | ore 17:11

Non c'era nulla, solo Veronelli e la sua rubrica sul Giorno. Poi, ma molto dopo, sono comparsi una serie di scrittori coi fiocchi come Guarnaschelli Gotti, incominciava a scrivere Raspelli, nasceva la nuova generazione ed era un piacere girare e fare scoperte di locali stupendi che magari non sono diventati famosi ma erano grandi per autenticità e accoglienza.
Era il west della gastronomia: grandi praterie da percorrere e ogni giorno una scoperta. Ma se pensiamo che la guida dell'Espresso è del 1979 si capisce come fossimo in una stagione di nascita del giornalismo di settore. Noi appassionati andavamo in Francia due o tre volte l'anno, la guida Gault Millau scopriva la nuova cucina francese e noi invidiavamo quel clima, andavamo per cantine in Borgogna e leggevamo il mensile GaultMillau.

25 Giu 2006 | ore 18:24

Sarà che io non avendo vissuto quel periodo non immagino minimamente quale potesse essere la ristorazione ed il clima che si respirava ma da come la racconti rispetto a oggi sembra quasi che in passato ci fosse molta più collaborazione e scambio di informazioni tra gastronomi o aspiranti tali. E’ una mia impressione o sbaglio?
Magari dico una cavolata ma considerando il moltiplicarsi di firme gastronomiche che oggi affollano il mercato è possibile che i gastronomi siano diventati più “stronzi” perché intimoriti di perdere il terreno conquistato?
Magari non è la causa principale dell’instrozimento dei gastronomi però credo che sia un elemento che non andrebbe sottovalutato.
Dopo tutto anche gli chef diventano “stronzi” quando hanno paura di perdere la propria posizione, sbaglio o è una mia impressione?

Mucca

26 Giu 2006 | ore 04:09

Cara Mucca,
si può diventare "stronzi" per difendere un minimo di aria da respirare, perché a un certo punto ti ritrovi accerchiato da persone che non hanno il senso della misura e pensano di poter disporre di te mattina pomeriggio e sera.
però è anche vero che più hai successo, e più per invidia alcuni colleghi dicono che sei diventato uno stronzo, sono quelli che vorrebbero essere al tuo posto ma che per qualche motivo non ci sono riusciti o sospettano di non riuscirci. l'ho verificato di persona e non ho dubbi sul fatto che quando il progetto Identità Golose sarà completo, io avrò scalato l'ultimo gradino della stronzaggine
oloap

26 Giu 2006 | ore 16:18

Marchi, non volevo tirare fuori il discorso delle invidie, quelle sono sempre esistite e non scompariranno mai. Semmai dal racconto di Bonilli ho avuto l’impressione che tra i gastronomi ci fosse maggiore complicità in passato rispetto ad oggi. Tu stesso nell’intervista che mi hai rilasciato su identità golose hai affermato che i cuochi fanno più squadra degli stessi giornalisti (purtroppo splinder è in manutenzione e non mi si apre il blog per copiare correttamente la tua citazione). Ora mi chiedo se i giornalisti fossero meno stronzi potrebbero dare il buon esempio anche ai cuochi e ai gourmet?
Se ci pensi bene sono le gastropenne ad avere il potere mediatico su chef e gourmet, e lo stesso Bonilli in questo post ha affermato: “La nuova generazione di scrittori del settore - giornalisti e non solo - sente molto il ruolo e spesso se la tira. Gli appassionati prendono spesso i peggiori difetti dei loro referenti della pubblicistica di settore. I cuochi di successo sono in fase di mutazione genetica”.

Mucca

27 Giu 2006 | ore 00:31

Si stava parlando di Veronelli . E’ vero, era disponibilissimo, ti invitava pure nella sua casa di Bergamo “alta”, era veramente un anarca.
L’atteggiamento è quello tipico dei “grandi”, anche se da una “star” ti aspetti il contrario (ad esempio Bob Dylan può permettersi tranquillamente di tirarsela; se non lo fa lui…… Anche Carlin Petrini può farlo anche se Gino non lo avrebbe fatto al suo posto).
Mi consola vedere il presidente onorario di Slow Food al Premio Tenco a San Remo cenare al roof, e poterlo apprezzare come cantante.
Sono molto sorpreso del fatto che parecchi “grandi chef” convochino un giornalista straniero per un intervista ad es. a Roses, a San Sebastian o a Laguiole, alle 10,30 del giovedì mattina, in alcuni casi anche rinviandola di settimana in settimana per impegni sopraggiunti.
Non vi sembra un po’ strano ?

04 Lug 2006 | ore 23:52

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