31
Mag 2010
ore 08:50
ore 08:50
Lo sbirro gourmet
Questa è una storia che chi è giovane o non ha memoria di certi fatti accaduti nell'Italia degli anni Sessanta e Settanta dovrebbe leggere.
Sabato 29 maggio mi ha colpito sul Fatto Quotidiano una recensione di Gianni Barbacetto dedicata a un libro appena uscito, "Il cuore occulto del potere - Storia dell'Ufficio Affari Riservati del Viminale".
Dico subito che il signore che vedete nella fotografia qui accanto ha molto a che fare col libro in questione ma anche con la gastronomia.
Si chiamava Federico Umberto D'Amato e dell'Ufficio Affari Riservati del Viminale era il grande capo.
Federico Godio era invece lo pseudonimo che Federico Umberto D'Amato usava per firmare gli articoli di gastronomia sull'Espresso ma quando nel 1979 uscì la prima edizione della Guida dei Ristoranti dell'Espresso tutto il mondo conobbe il curatore e grande capo, il gastronomo-sbirro Federico Umberto D'Amato.
Già, perché lui aveva il vezzo di dire che era "uno sbirro servitore dello stato" ma in realtà leggendo quest'ultimo libro ma anche avendo letto articoli come quello di Gian Antonio Stella sul Corriere della sera si vede che il personaggio era molto più complesso, era potentissimo ed è stato un protagonista occulto di tutto il dopo guerra, uno da prendere con le molle.
Gastronomo, certamente, ma anche persona coinvolta, prima da indagatore, poi da indagato, in quanto ai vertici dei servizi segreti, nella strategia della tensione iniziata con la bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana, il 12 dicembre del 1969 e in tutte le vicende tragiche degli anni successivi.
Il libro che parla dell'Ufficio Affari Riservati e di D'Amato, scritto da Giacomo Pacini, si basa su materiale ufficiale tanto del Ministero degli Interni che processuale e la figura di D'Amato che ne viene fuori è quella di un potente uomo legato prima all'OSS, il servizio segreto degli Usa durante la guerra, e poi alla Cia e alle strutture di sicurezza della Nato - caso unico, nella sede Nato di Bruxelles c'è una sala dedicata a lui - oltre che potentissimo uomo ai vertici della Polizia italiana, un super poliziotto con una vastissima rete di informatori tanto nei partiti e nelle organizzazioni di destra che nei partiti di sinistra e nei gruppi extraparlamentari.
Però c'era anche il Federico Umberto D'Amato gourmet, personaggio pubblico e potentissimo anche in questo ambito..
Ed è davvero singolare la sua amicizia con Carlo Caracciolo, proprietario del Gruppo Espresso ai tempi della nascita della Guida Ristoranti, nel 1979, due storie più lontane e diverse non ci possono essere.
La vita professionale di sbirro, quale con vezzo soleva definirsi D'Amato, e quella di gourmet si mescolavano facilmente.
Si svolgono, per esempio, da Papà Giovanni, un famoso ristorante della capitale, i pranzi con i membri dell'ambasciata dell'Urss a Roma, incontri che inducono il Sid ad aprire un'indagine su di lui - uno dei tanti scontri che in quegli anni avvenivano tra apparati dei servizi segreti - indagine finita ovviamente nel nulla.
Ma proprio Papà Giovanni è anche uno dei ristoranti di Roma più cari a D'Amato e alla sua collega e compagna Elena Guidi, autrice del libro Ricette d'autore - e uno dei ristoranti con il più alto punteggio nella nuova guida dell'Espresso che lui progetta con la collaborazione dei francesi Gault e Millau per i quali anche lui scrive in quegli anni.
Sabato 29 maggio mi ha colpito sul Fatto Quotidiano una recensione di Gianni Barbacetto dedicata a un libro appena uscito, "Il cuore occulto del potere - Storia dell'Ufficio Affari Riservati del Viminale".
Dico subito che il signore che vedete nella fotografia qui accanto ha molto a che fare col libro in questione ma anche con la gastronomia.
Si chiamava Federico Umberto D'Amato e dell'Ufficio Affari Riservati del Viminale era il grande capo.
Federico Godio era invece lo pseudonimo che Federico Umberto D'Amato usava per firmare gli articoli di gastronomia sull'Espresso ma quando nel 1979 uscì la prima edizione della Guida dei Ristoranti dell'Espresso tutto il mondo conobbe il curatore e grande capo, il gastronomo-sbirro Federico Umberto D'Amato.
Già, perché lui aveva il vezzo di dire che era "uno sbirro servitore dello stato" ma in realtà leggendo quest'ultimo libro ma anche avendo letto articoli come quello di Gian Antonio Stella sul Corriere della sera si vede che il personaggio era molto più complesso, era potentissimo ed è stato un protagonista occulto di tutto il dopo guerra, uno da prendere con le molle.
Gastronomo, certamente, ma anche persona coinvolta, prima da indagatore, poi da indagato, in quanto ai vertici dei servizi segreti, nella strategia della tensione iniziata con la bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana, il 12 dicembre del 1969 e in tutte le vicende tragiche degli anni successivi.
Il libro che parla dell'Ufficio Affari Riservati e di D'Amato, scritto da Giacomo Pacini, si basa su materiale ufficiale tanto del Ministero degli Interni che processuale e la figura di D'Amato che ne viene fuori è quella di un potente uomo legato prima all'OSS, il servizio segreto degli Usa durante la guerra, e poi alla Cia e alle strutture di sicurezza della Nato - caso unico, nella sede Nato di Bruxelles c'è una sala dedicata a lui - oltre che potentissimo uomo ai vertici della Polizia italiana, un super poliziotto con una vastissima rete di informatori tanto nei partiti e nelle organizzazioni di destra che nei partiti di sinistra e nei gruppi extraparlamentari.
Però c'era anche il Federico Umberto D'Amato gourmet, personaggio pubblico e potentissimo anche in questo ambito..
Ed è davvero singolare la sua amicizia con Carlo Caracciolo, proprietario del Gruppo Espresso ai tempi della nascita della Guida Ristoranti, nel 1979, due storie più lontane e diverse non ci possono essere.
La vita professionale di sbirro, quale con vezzo soleva definirsi D'Amato, e quella di gourmet si mescolavano facilmente.
Si svolgono, per esempio, da Papà Giovanni, un famoso ristorante della capitale, i pranzi con i membri dell'ambasciata dell'Urss a Roma, incontri che inducono il Sid ad aprire un'indagine su di lui - uno dei tanti scontri che in quegli anni avvenivano tra apparati dei servizi segreti - indagine finita ovviamente nel nulla.
Ma proprio Papà Giovanni è anche uno dei ristoranti di Roma più cari a D'Amato e alla sua collega e compagna Elena Guidi, autrice del libro Ricette d'autore - e uno dei ristoranti con il più alto punteggio nella nuova guida dell'Espresso che lui progetta con la collaborazione dei francesi Gault e Millau per i quali anche lui scrive in quegli anni.
La Guida dei ristoranti dell'Espresso ha un'importanza molto grande nella storia della gastronomia italiana perché fa conoscere in modo sistematico, raccontandone anche le storie, i nuovi ristoranti e i nuovi cuochi dell'Italia della ripresa economica.
Anche la mia strada e quella del Gambero Rosso si trovarono ad incrociare quella di Federico Umberto D'Amato all'inizio degli anni Novanta.
Negli appunti di lavoro per un libro che sto scrivendo c'è il resoconoto di un incontro che ho avuto con D'Amato nella primavera del 1992.
Nel novembre del 1991, infatti, il Gruppo Espresso era entrato come socio di maggioranza nel Gambero Rosso, di cui era socia anche Slow Food, e nel contratto concluso con l'amministratore dell'Espresso di allora, Corrado Passera, era stato deciso di unificare la Guida Ristoranti del Gambero Rosso, la cui prima edizione del 1990 era stata un grandissimo successo, e quella dell'Espresso, che dopo un decennio di successi stava decadendo, in un'unica guida.
Della nuova società io sarei stato l'amministratore delegato e D'Amato il presidente.
Pensavo che lui non ne sarebbe stato contento e lo avevo detto anche a Caracciolo, altro grande gourmet, che era il protettore e sponsor della guida dei ristoranti dentro al Gruppo Espresso.
E questo era il tema del colloquio tra me e D'Amato che si svolse al bar di un grande albergo di Roma, lui che beveva una vodka alle 11 del mattino e io con un'acqua tonica: discutemmo il progetto di fare una sola guida, quella dell'Espresso, e una società ad hoc con lui presidente ma non curatore della guida.
Lui non disse di no a quell'accordo ma la sua frase e il tono con cui la pronunciò "A Bonì ma chi te lo fa fare" valse più di qualunque dichiarazione d'intenti e infatti le due guide non furono unificate e già nel febbraio del 1993 il Gruppo Espresso uscì dalla società e noi, dati per spacciati, proseguimmo con successo.
D'Amato venne comunque sostituito come curatore della Guida Ristoranti dell'Espresso.
Morì il primo luglio del 1996.
Giacomo Pacini
Il cuore occulto del potere
Nutrimenti
pp. 234
€ 14,00
Anche la mia strada e quella del Gambero Rosso si trovarono ad incrociare quella di Federico Umberto D'Amato all'inizio degli anni Novanta.
Negli appunti di lavoro per un libro che sto scrivendo c'è il resoconoto di un incontro che ho avuto con D'Amato nella primavera del 1992.
Nel novembre del 1991, infatti, il Gruppo Espresso era entrato come socio di maggioranza nel Gambero Rosso, di cui era socia anche Slow Food, e nel contratto concluso con l'amministratore dell'Espresso di allora, Corrado Passera, era stato deciso di unificare la Guida Ristoranti del Gambero Rosso, la cui prima edizione del 1990 era stata un grandissimo successo, e quella dell'Espresso, che dopo un decennio di successi stava decadendo, in un'unica guida.
Della nuova società io sarei stato l'amministratore delegato e D'Amato il presidente.
Pensavo che lui non ne sarebbe stato contento e lo avevo detto anche a Caracciolo, altro grande gourmet, che era il protettore e sponsor della guida dei ristoranti dentro al Gruppo Espresso.
E questo era il tema del colloquio tra me e D'Amato che si svolse al bar di un grande albergo di Roma, lui che beveva una vodka alle 11 del mattino e io con un'acqua tonica: discutemmo il progetto di fare una sola guida, quella dell'Espresso, e una società ad hoc con lui presidente ma non curatore della guida.
Lui non disse di no a quell'accordo ma la sua frase e il tono con cui la pronunciò "A Bonì ma chi te lo fa fare" valse più di qualunque dichiarazione d'intenti e infatti le due guide non furono unificate e già nel febbraio del 1993 il Gruppo Espresso uscì dalla società e noi, dati per spacciati, proseguimmo con successo.
D'Amato venne comunque sostituito come curatore della Guida Ristoranti dell'Espresso.
Morì il primo luglio del 1996.
Giacomo Pacini
Il cuore occulto del potere
Nutrimenti
pp. 234
€ 14,00
Bel post. Secondo me di storie così ne sai parecchie, e mi pare proprio che meritino di esser raccontate!
Avevo letto qua e là delle notizie su questo signore ma non sapevo la vera storia.
Quindi uno dei capi dei nostri servizi segreti, uomo legato alla Cia, se ho letto bene, è stato il fondatore e curatore della Guida Espresso il cui editore era il principe Carlo caracciolo, che era di sinistra.
Una storia italiana per eccellenza.
Il primo numero della guida dell'Espresso uscì nel 1979, vero?
Si, la prima edizione della guida Espresso uscì nel 1979 e fu un grande successo e una novità molto importante per la ristorazione.
...Veramente una storia tutta italiana (che fa venire i brividi, comunque)
Sono rimasta stupita nel leggere questa storia e per curiosità mi andrò anche a comprare il libro ma penso che nessuno sappia che il fondatore della guida dell'Espresso era uno dei capi dei servizi segreti coinvolto nella strategia della tensione di cui ho letto e che per fortuna non ho vissuto.
Forse neppure i cuochi più anziani come i Santini sapevano chi era D'Amato e chissà se i cuochi giovani conoscono la sua storia.
Grazie di questo racconto.
@serena, tutti i cuochi classici conoscevano d'amato e i racconti che girano nell'ambiente sono tanti... a cominciare dal leggendario palato che proprio alcuni cuochi ancora oggi gli attribuiscono. af
Beh, qui non siamo in presenza di racconti ma di documenti provenienti dagli archivi del Ministero degli Interni, da verbali di alcuni processi nei quali D'Amato era o testimone o imputato e da dichiarazioni di magistrati come Mastelloni.
Se uno lavora nei servizi segreti credo che abbia una morale e un'etica molto particolari e la storia di D'Amato ne è un bell'esempio.
Come gourmet aveva un grande palato e una profonda conoscenza delle cucine, era un accentratore, cambiava i giudizi dei collaboratori e uno dei motivi per i quali ho fatto la guida dei ristoranti è stata la crisi in cui si trovava la guida dell'Espresso alla fine degli anni Ottanta.
Tutte le scelte di D'Amato erano ormai vecchie e conservative, per non dire che lui ormai iniziava pranzi e cene bevendo vodka.
Insomma, era stato un grande gourmet ma era ormai finito.
Infatti la prima edizione della nostra guida dei ristoranti fu un grande successo, perché avemmo il coraggio di rivedere giudizi ormai obsoleti cambiando la geografia dei migliori ristoranti d'Italia.
era anche un collezionista di automi del '700
http://www.youtube.com/watch?v=gdHhnBhpb6c (a partire da 1'40")
in "Romanzo Criminale" (il libro) il personaggio detto "il Vecchio" e' ispirato a lui, con tanto di allusione al collezionismo di questi oggetti
Bella storia.
Forse vi ricordate che ha fatto parte,tra l'altro, di una sigla in bianco e nero di un programma con Chiambretti: ovviamente faceva l'uomo dei Servizi Segreti, con tanto di occhiali da sole. Fu lui, credo, che iniziò a introdurre i decimali, nel voto dei ristoranti, dopo i 19/20, tanto per posizionare più in alto possibile il maggior numero di locali. Le stroncature furono tolte, per poi essere reintrodotte da Raspelli, quindi definitivamente cancellate da Vizzari. Non mi stupirei troppo dei legami tra Espresso e servizi segreti, siamo sempre in Italia
Il sistema dei ventesimi credo fosse stato introdotto avendo Gault e Millau (che lo usavano) come riferimento. Le stroncature avevano un senso in quel momento storico e su quella guida: c'era da lavorare di roncola, per definire criteri e parametri di riferimento, orientando lettori ed appassionati.
Non credo proprio ai legami con i servizi da parte del Gruppo Espresso, semplicemente a Caracciolo piacevano i tipi particolari, pensiamo ai suoi rapporti con Flavio Carboni e all'amicizia con Ciarrapico.
Per di più "lo spione" come era soprannominato D'Amato nel mondo della ristorazione, aveva un grande palato.
Ce n'era abbastanza per essere simpatico a Caracciolo.
Non so se "bella" sia l'aggettivo più adatto per questa storia; sicuramente però è interessante.
Nota a margine: su wikipedia si legge di lui, fra le altre cose "Gastronomo, diresse una rubrica di cucina per L'Espresso, sotto lo pseudonimo Gault & Millau". Ehm?!
Non credo nemmeno io ai legami coi servizi segreti del Gruppo Espresso, la spiegazione più semplice di Bonilli è probabilmente la più attendibile: in fondo l'uomo era un eccellente palato, ancorchè in decadenza negli ultimi tempi. Vero è che Caracciolo fosse ammaliato da personaggi particolari.Tutto qui! Mi stupisce invece che in tanti non conoscessero questa storia. Trascurando i dettagli interessanti e ben descritti sopra, personalmente ne ero a conoscenza e più volte ho assistito a discussioni sull'argomento fra appassionati del mondo della gastronomia che, come me, conoscevano la vicenda D'amato. Insomma, a Roma se ne parlava da tempo.
Post e commenti molto interessanti... E' affascinante come la passione per la gastronomia abbia fatto incrociare i destini dello spione e dell'ex giornalista del manifesto.
@Bonilli: quando uscirà il libro che sta scrivendo? Dopo questo bell'assaggio, non ci faccia aspettare troppo :)
@Nico: grazie per il link, questo documentario su Gladio me l'ero perso, ora cerco di recuperarlo tutto.
Si sta preparando una Bonilleide ?
Interessante questo amouse-bouche.
A memoria mi pare che D'amato abbia lasciato qualche erede ai piani alti della guida littorina ... almeno sino a qualche anno fa.
Mi risulta ci sia ancora.
Dicono che negli ultimi anni andava a pranzo con il suo cane, pretendendo non un ossetto bensì un pasto uguale a quello del suo potente padrone.
Bonilli, lei ha riscontri diretti di questo aneddoto?
Di aneddoti come quello del cane ce ne sono molti, ma assolutamente non pubblicabili:-). Sono le classiche storie da raccontare a fine cena, con il vino che è scorso a fiumi, e dove non si rischiano le querele, di questi tempi molto facili a partire..
era un altro mondo... Un mondo che vedeva ai vertici ristoranti come Papà Giovanni, o i preistorici, o il primo girone sesto dove d'Amato e il suo yorkshire terrier erano di casa... La scoperta del primo vissani, il trigabolo ad argenta, il Pianeta Terra con le sue rotte del potere romano, il san Domenico e un giovane Valentino Mercatilli... Si potrebbe andare avanti per ore. nel 79 avevo 14 anni e a casa mia una passione per il cibo e i ristoranti con la quale iniziavo a fare i conti... La guida dell'espresso era una costante, ricordo la curiosità con cui si attendevano i giudizi, la guida si leggeva e non solo consultava... Federico D'amato lo conoscevamo tutti di fama e anche la sua storia. Ricordo la mia gioia quando ho letto la mia firma su quella guida che aveva segnato la mia giovinezza (ma questa è storia privata)
Che voglia di rileggere quell'amarcord... e se lo scrivesse Stefano, poi sarebbe bellissimo... Spero di aver letto bene tra le righe ;-)
Ciao A
Non tanto tra le righe, sto scrivendo un libro bello grosso e spero divertente per Einaudi.
Se ne riparla al Salone del Libro 2011 :-))
e noi siamo qui ad aspettarlo! :-D
bene!
in bocca al lupo, non vedo l'ora di leggerlo ;-)
Ciao A