02
Set 2012
ore 13:17

Basta cucina di avanguardia

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Il primo settembre è un po' l'inizio del nuovo anno della gastronomia, un anno quasi come quelli scolastici, il 2012/2013, con spartiacque tra un anno e l'altro segnato dal mese di agosto, da sempre terra di nessuno, di ferie e di chiusure.
Il 3 settembre Bottura riapre la Francescana profondamente rinnovata ed è una scelta quasi emblematica che ad aprire il nuovo anno sia il nostro cuoco più famoso nel mondo.
E' giusto che sia lui ad aprire le danze di questa nuova stagione che si muove all'interno di una crisi economica nazionale e internazionale quale non si era mai vista nella storia per durata e gravità.
E' una crisi che sta lasciando ferite profonde, negli ultimi due anni, infatti, hanno chiuso 9000 ristoranti, sono cambiati i consumi, nessuno ordina più un menù completo, l'ora di pranzo va spesso deserta, si consuma vino al bicchiere e non più la bottiglia.
Ma la crisi ha avuto anche effetti psicologici di conservazione nel modo di intendere la cucina, si potrebbe parlare di restaurazione, emblematica la crescente l'insofferenza per la cucina di avanguardia.

Bottura di questa cucina è il cuoco italiano più famoso ma anche quello più criticato quale rappresentante di un'avanguardia che ha tra i suoi protagonisti a livello internazionale, una volta chiuso il Bulli, Renè Redzepi con il Noma di Copenhagen, Inaki e il suo Chateaubriand a Parigi, Dacosta col ristorante omonimo a Denia, Patterson e il Coi a San Francisco, Ben Shewry a Melbourne con Attica, Magnus Nilsson e il suo ristorante a Faviken, nel nord della Svezia e molti altri.
Sono cucine diverse come stile e come storia personale dei singoli chef ma tutte si riconoscono in una ricerca continua e nel confronto a livello internazionale.
Proprio questi cuochi erano al Cook it Raw nel nord della Polonia, hanno fatto giorni di cucina insieme, di ricerca di materie prime, di confronto.
Certo, anche tra i cuochi che fanno innovazione ci sono i talebani e ci sono gli eccessi e gli errori ma come sempre non si può generalizzare nè tantomeno fare il facile sberleffo per andare in caccia di due lettori in più.
Eppure questa è l'aria che tira tra i consumatori, anche tra i più avvertiti, tra i giornalisti, sempre pronti a cavalcare le mode, nella Rete e nelle conversazioni da bar.


Foto di Maurizio Camagna



commenti 31

Lo Chateaubriand? Aiutooooo. Uno delle maggiori delusioni della mia vita. A Parigi ci sono almeno un centinaio di ristoranti ove conviene spendere i propri soldi. Per il resto, direttore, concordo sulla panoramica della ristorazione da lei fatta.

02 Set 2012 | ore 18:40

Ma oggi che cosa si intende per avanguardia ?

02 Set 2012 | ore 18:46

Una cucina come quella del Canto :-)) un cuoco come Paolo Lopriore

02 Set 2012 | ore 19:52

Allora: viva la cucina tradizionale, tutta la vita.

02 Set 2012 | ore 20:43

Accidenti Luca, quell'insalata ti è andata proprio di traverso, eh ? hai fatto attendere il tuo, consentimi, supponente commento solo 51 minuti.
Pensa che io conto i giorni che mi separano dalla cena a Siena ! certo le aspettative sono alte visto i riscontri degli amici habituè di Lopriore ma spero in una grande cena.
Ottima la cucina tradizionale ma non ti viene voglia a volte di cambiare registro e provare l'avanguardia ? secondo il tuo ragionamento al cinema avrei dovuto continuare a vedere Wilder e Hitchcock e precludermi Lynch e Greenaway ? o leggere Balzac e Steinbeck e perdermi Don Winslow o Ammanniti ? suvvia, andiamo avanti ! :-)

02 Set 2012 | ore 21:56

Se sapevo che la risposta era così semplice non facevo la domanda :(

02 Set 2012 | ore 23:34

Oggi avanguardia in cucina è capacità di coniugare tecnica e valorizzazione della materia prima, nettezza dei sapori e maestria nelle cotture.
Il Canto risponde a queste caratteristiche grazie alla capacità visionaria del cuoco.
Bottura coniuga nel suo menù piatti classici e geniali zampate creative, così Crippa e così un vecchio leone come Scabin, o il giovane Parini, poi ci sono i cuochi che ho appena visto in azione a Cook it Raw.
La cucina è ormai globale e così hai un Andoni e Ben Shewry, l'uno agli antipodi dell'altro, geograficamente parlando, l'uno in Spagna e l'altro a Melbourne, eppure sulla stessa lunghezza d'onda.
Con una notazione inoppugnabile, fare una cucina di avanguardia in questo momento è difficile e più che mai controcorrente.

03 Set 2012 | ore 00:06

Eppure non ci si è mai soffermati così tanto sul sapore a discapito della preparazione.

03 Set 2012 | ore 09:21

Concordo col direttore Bonili che avanguardia oggi significhi soprattutto focalizzarsi sulle tecniche di cucina che massimizzano l'esperienza sensoriale.

E' avanguardia anche l'utilizzo di principi scientifici in cucina, che sono alla base della cucina molecolare.

Nei cuochi di avanguardia vedo soprattutto questo, non il ripudio per la bella e vecchia tradizione, la belle epoque, ma piuttoso ricerca continua per scoprire nuove tecniche di cottura, nuovi strumenti utili a tagliare, emulsionare, solubilizzare, per valorizzare al più la materia prima.

03 Set 2012 | ore 10:04

Per una volta mi sento di dissentire con Bonilli, o meglio di precisare un concetto: la spiegazione dell'avanguardia non è per me esauriente, specie se la domanda uno come Lopriore.

L'avanguardia è la ricerca di qualcosa di nuovo rispetto alla "tradizione", non per per l'uso della materia prima o delle tecniche o della precisione dei sapori, cose che dovrebbero essere sempre garantite comunque, soprattutto nei ristoranti tradizionali alle prese con piatti fatti appunto da connotazioni precise e confrontabili... esempio semplice... spaghetti al pomodoro.

L'avanguardia costruisce con filosofie di lavoro personali, frutto di studio, di confronto e di esperienza, nuovi piatti, nuovi abbinamenti, nuovi sapori e consistenze che funzioneranno esattamente nel tempo come i grandi piatti classici che tutti conosciamo e apprezziamo.

In pratica l'avanguardia vera si riconosce poichè lascia un segno e costruisce nel tempo una nuova tradizione, fatta per la gente di oggi che vuol provare emozioni diverse da quelle già acquisite ma anche per la gente di domani che vorrà riassaporare quei piatti prima nuovi e poi consolidati dal gusto e dagli anni.
Io, fossi Lopriore, vorrei fortemente che alcuni dei miei piatti rimanessero nel tempo anche se realizzati da altri.
Fra 20 anni se la sua insalata sarà ancora richiesta entrerà nella tradizione esattamente come un tempo il cacciucco o l'anatra all'arancia (sicuramente anche loro criticati al tempo).
Questo vedo come scopo di una vita di lavoro in cucina per uno chef come lui.
Di Gualtiero Marchesi si è apprezzato un tempo la sua creatività ed adesso lo consideriamo un classico, lo stesso vale per il lavoro di Robuchon o di ancor prima Bocuse, i loro piatti che mi ricordo estremi un tempo sono adesso classici e ben consolidati nel gusto della gente.
Avanguardia vuol dire costruire una nuova tradizione, altrimenti non vale molto.

03 Set 2012 | ore 10:23

P.S. le tecniche non sono importanti come il gusto. Sono un mezzo e non un fine.
Io uso tutte le tecniche più moderne ma mai come adesso l'attenzione mi è più facile rivolgerla al gusto. E qui mi trovo con Lopriore.

03 Set 2012 | ore 10:31

La parte più emozionante è riuscire a "recintare" la territorialità del gusto.

03 Set 2012 | ore 11:04

Cosa intendi con più precisione?
Mi interessa molto la tua visione del gusto.

03 Set 2012 | ore 11:36

La tecnica è ciò che manca ai giovani cuochi e che Lopriore ha acquisito grazie ai suoi lunghi anni con Marchesi e nel nord Europa. E' sbagliato dare per scontata la tecnica, mi chiedo dove la si impari oggi in Italia.
Quanto ai sapori netti di un piatto penso che siano la cifra di un cuoco, ciò che fa la differenza, un po' come quando ascolti una sinfonia diretta da Abbado, ed è la sua lettura del testo e la sua capacità di armonizzare il suono dei vari strumenti che lo rendono diverso, grande, inimitabile.
Ci sono certi piatti che portano la firma del cuoco anche provandoli ad occhi bendati, così è stato nel passato per Bras, per Robuchon, poi per il rivoluzionario Adrià, che ha aggiunto nuova, sbalorditiva tecnica, per Blumenthal, in Italia fra gli altri per Alajmo e più che mai per Lopriore, anche se una certa critica lo penalizza, lo trova troppo estremo.

03 Set 2012 | ore 11:45

Diceva lo stesso un importante dirigente dello Slwo Food, rimarcava la mancanza di tecnica in molti cuochi delle Osterie d'Italia.
Sempre secondo lui, la mancanza di tecnica è causata dal livello bassissimo della maggiorparte delle scuole alberghiere, spesso parcheggi di studenti svogliati con insegnanti che non hanno mai messo piede fuori da quella scuola.

03 Set 2012 | ore 12:26

Strana affermazione Bonilli, io insegno tecnica e devo ammettere che mai come adesso trovo i giovani chef così preparati in quel senso e desiderosi di imparare.
Non solo Lopriore ha fatto esperienze in luoghi dove si possono vedere. Sempre più giovani adesso si muovono verso cucine all'avanguardia.
Le liste di attesa per uno stage dalle Calandre, da Bottura o dagli altri noti sono lunghissime, e ormai da moltissimi anni.
Potremmo citare diversi nuovi ristoranti recenti costruiti da chef giovani che hanno avuto un percorso di questo tipo. Chiaramente Lopriore è partito da Marchesi, altri adesso partono da Lopriore o da uno ancora più giovane ma preparatissimo come Bartolini e credo sia ancora più veloce per loro l'apprendimento delle nuove tecniche.

Se mai trovo che la tecnica manca nelle cucine di tradizione, pochi sono quelli che valorizzano ingredienti con nuove tecniche.
Si da per scontato invece il contrario: basta comprare un ottimo prodotto per un ottimo piatto, ma in quei ristoranti spesso a grandi materie prime non si abbinano tecniche che le valorizzano nel modo giusto.
In questo leggo una grande diminuzione di luoghi tradizionali di ottimo livello specie a buon prezzo. La tecnica qui sarebbe importante.

Comunque non vorrei banalizzare le tecniche, le insegno anch'io e sono per me pane quotidiano ... dico soltanto che le tecniche sono alla portata di tutti, basta volerle imparare, o con uno stage o con una consulenza... molti degli chef noti le fanno regolarmente, in più il mondo internet è pieno di dimostrazioni e blog relativi alla cucina più tecnica.

03 Set 2012 | ore 12:31

Non darei per scontata la sua affermazione che le tecniche siano da dare x scontate (declinate? ) da tutti . Credo 1 ) cio' non sia vero 2 ) che anche se utilizzate non se ne comprenda il vero potenziale ( siano cioe' introiettate ) 3 ) sia vera l' affermazione di Bonilli che siano strumenti per arrivare alla composizioni di piatti ove nettezza e armonia di sapori siano il risultato . LoPriore con intelligenza inserisce l'elemento territorialita' per eviedenziare forse la necessita' di riconoscibilita' e attravitita' legata alle aspettative .

03 Set 2012 | ore 14:37

Si spara sempre sulle scuole alberghiere, senza conoscerle, senza proposte costruttive e i soliti luoghi comuni....io sono un insegnante che ha sempre lavorato fuori....e non potrei.....dite adesso...ah....fa il secondo lavoro eh???? ma vaff....

03 Set 2012 | ore 14:52

Che siano ancora pochi quelli che le usano siamo tutti d'accordo. Ma è inutile negare la crescita esponenziale di giovani chef che per le loro varie esperienze hanno imparato queste tecniche e le usano nella loro cucina.
Poi ho detto che la cucina tradizionale non le usa, ma è quasi impensabile credere che i ristoranti creativi della nostra nazione non ne facciano uso regolarmente magari senza più darle quella importanza tipica di qualche anno fa.
Quindi la tradizione non le usa quasi mai, i creativi le usano quasi sempre.
Questo è il mio parere testato sul campo... dovrei fare un elenco... ma sarebbe lunghissimo... di quelli che le usano.
Io vivo dentro queste cucine per lavoro e incontro e seleziono moltissimi cuochi giovani ogni anno, la crescita la vedo direttamente... prima ancora dei risultati in cucina.
Purtroppo la ristorazione creativa... o d'avanguardia in Italia è ancora esigua... ma è quella di cui si parla ed è piena di queste tecniche che ci hanno aiutato a valorizzare sempre più il prodotto di base.
Con queste tecniche si potrebbe ridisegnare una nuova territorialità del gusto... sono d'accordo.


03 Set 2012 | ore 15:05

Comunque tornando al tema del post credo sia utile parlare non solo dell'avanguardia, che fa discutere ed è gettonata dal giornalismo e pubblico più colto, ma anche di quella ristorazione che lavora bene con e senza tecniche moderne.
Questa ristorazione purtroppo la stiamo perdendo, strizzata da costi di base e poca attenzione dei mas-media.
E' sempre il solito problema, parliamo della Formula Uno dimenticandoci che usiamo l'auto tutti i giorni. Morale: parliamo a tutti e non solo agli addetti ai lavori.
Da qui la mia domanda a Lopriore di come può descrivere la parola gusto oggi, poichè lì sta il nocciolo della questione... il gusto è comunicazione universale se spiegato a tutti.

03 Set 2012 | ore 16:06

Il sig. Leo non ha capito niente.
Non ho detto che mi piace solo la cucina tradizionale; ho detto che se la cucina d'avanguardia è quella del Sig. LoPriore, dico evviva quella tradizionale, ma era una battuta perché per fortuna non c'è solo lui (e non parlo solo di quell'insalata di alghe, come dimenticare quel dessert con due pesche tagliate in 2 e due cucchiaini di crema alle mandorle....).
Mi sembra di fare il maestro d'asilo a dover sempre spiegare tutto.
Un mese fa ho conosciuto Bosi dell'Hibiscus, fantastico, tra i miei chef preferiti Scabin, Crippa e Bottura; non sono monotematico. Io ce l'ho solo con la cucina del Sig. LoPriore, l'unica vera delusione che ho avuto da uno dei grandi nomi della cucina. Fatevene una ragione, non tutti la pensano allo stesso modo, l'importante è però esserci andati, e io ci sono andato.

03 Set 2012 | ore 17:28

Vorrei ragionare su questa affermazione. Il gusto è il centro dell'esperienza della cucina (anche del vino), direi in un senso ontologico. Il palato è come l'occhio per l'arte, è la visione che decodifica l'opera, così è il gusto la chiave di accesso al piatto, il chiavistello che aiuta a far scattare i meccanismi... La preparazione è lo strumento adatto a raggiungere il risultato cercato. La tecnica è importantissima, ma non deve essere mai esibita, esposta a scapito del risultato, il gusto appunto.
La mia modesta opinione è che non si dovrebbe dimenticare la funzione della cucina, dare un'esperienza sensoriale ed emotiva attraverso il gusto e le papille, dare rifugio, accoglienza e conforto...
Ciao A

04 Set 2012 | ore 09:41

Non pensate che l'avanguardia sia una sorta di libertà dal dettato che purtroppo va a discapito del pregiudizio ?

04 Set 2012 | ore 13:03

"che purtroppo va a discapito del pregiudizio" si riferisce ad avanguardia o dettato ?

04 Set 2012 | ore 14:09

Per ottenere la libertà occorre combattere e il termine "avanguardia", non a caso è tratto dal linguaggio militare (reparto dell'esercito che serve ad aprire un varco). Certo, dietro la legittima aspirazione di liberarsi dal giogo della cucina omologata, la voglia di ritornare ai sapori di una volta comunque permane (v. il panino alla mortadella e la pasta e fagioli al bicchiere di Bottura). Lo sperimentare l'accostamento tra gli ingredienti e lo studio delle varie tecniche di cottura etc, etc, ben vengano perchè infinite sono le percezioni gustative e sensoriali dell'essere umano nell'ambito gastronomico, fermo restando che è oltremodo piacevole per la nostra lingua, palato e cervello riassaporare i rassicuranti e semplici piatti della tradizione culinaria.

04 Set 2012 | ore 14:36

Boh! Avevo messo una risposta che è andata in moderazione... Non capisco perché... Il discorso è cmq molto interessante!
Ciao A

04 Set 2012 | ore 14:44

Ho recuperato sia il tuo intervento che quello di Cauzzi che il programma anti spam NON SO PERCHE' ha messo tra le spam.
Purtroppo capita spesso e se io non vengo avvisato sembra che l'intervento sia stato cancellato.

04 Set 2012 | ore 15:04

Grazie... Cose che capitano ;)
Ciao A

04 Set 2012 | ore 15:07

In una discussione con un Cuoco scandinavo è uscita l'esperienza che ho fatto a Bagatelle e dialogando mi ha fatto ricordare le pernici delle nevi dove sul gargarozzo c'è presente un forte profumo di aghi di pino fermentati dalla pre-digestione.Guardandoci negli occhi ci è dispiaciuto come per molti anni siano stati affogati nella creme.

04 Set 2012 | ore 18:48

Che grandissima risposta.
Bravo.

05 Set 2012 | ore 00:01

Rottura di paradigmi , come aggirare i pregiudizi ?

05 Set 2012 | ore 21:26

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