02
Ott 2009
ore 15:17

Il Bagoss, l'Eretico e l'Hamburger

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Villa_Fiordaliso.jpg
Appunti visivi dall'iPhone -

L'altra sera a cena in riva al lago, serata calda e piacevole, tanto che mangiamo all'aperto, arriva in tavola del Bagoss e una bottiglia di Eretico della cantina Cantrina.
E' un pinot nero passito... urca, un pinot nero passito?
Ma si, un vino, il pinot nero, che ha un'immagine non certo da vino passito e che fa una gran bella figura perché te lo aspetti dolce e invece... ha residuo zuccherino, non c'è dubbio, ma è proprio un gran vino-vino dal colore scuro violaceo che maturando sarà ancora più buono e questo nostro giudizio era ed è tanto più sorprendente  perché a inizio cena avevamo aperto le danze con un vino della Mosella da rimanere senza fiato tanto era buono e quindi il palato volava già alto.
Il sommelier di Villa Fiordaliso, personaggio bravo, che i vini se li sceglie uno per uno e sa raccontare senza tediare, ha tirato fuori l'Eretico per farci fare percorsi inusuali e ha proprio fatto centro.
Ovviamente non eravamo lì per l'Eretico ma per la cucina di Riccardo Camanini, che di Villa Fiordaliso è il cuoco da 12 anni.
In queste foto-appunti vedete le foglie di yucca al quinoa, peperoncino nero di seppiz, le scheggie di foie gras e marmellata di pesche, le fettuccine alla chitarra all'astice e zafferano, non vedete l'intrigante e appetitoso risotto capperi, polvere di pistacchio e foglie di origano, vedete il foie gras spurgato in crosta di sale e brodetto di alghe e la torta di rose e zabaione.
Mancano anche il baccalà alla polvere di patate viola e crema d'aglio, l'anguilla alla brace aglio e aneto, favolosa, la crema di kaki al gelato di mandorle amare.
Camanini è uno di quei misteri italiani della comunicazione perché bravo è bravo, la nostra cena è stata di classe assoluta e anche la successiva digestione, ma si può tranquillamente dire che Camanini nel borsino di guide e giornali che segnala la popolarità dei cuochi italici nessuno se lo fila con l'intensità e l'attenzione dedicata invece ad altri cuochi altrettanto bravi.
 
Calandrino1.jpg

Calandrino e Calandre
In quel di Rubano è sempre bello fare tappa per svariati motivi umani e gastronomici.
A me piace molto Massimiliano Alajmo, un cuoco elegante, mai sopra le righe, che alle Calandre sta facendo una ricerca interessantissima sulla quale varrà la pena soffermarsi nello specifico.
Mi piace sedermi a mangiare al bancone del Calandrino, chiacchierando con Raffaele, l'Alajmo "cattivo", anche perché tutto quello che è sul menu del Calandrino è sempre made Max Alajmo e allora c'è da godere sia quando ti arriva la pizza, sia con l'hamburger, buono, persino commovente, da salivazione anche ora che ne scrivo, che Max serve agli avventori del "bar-tavola calda" delle Calandre, cioè il Calandrino, un locale che dal mattino, con cappuccini e pasticceria stupenda - cornetti che sognerei a Roma - al pranzo, agli aperitivi, fino alla cena è la dimostrazione pratica di come una grande cucina e un grande cuoco possono progettare e gestire una dependance di grandissima qualità e successo.

Calandrino2.jpg

Il Calandrino è una macchina da guerra che macina clienti e coperti a tutte le ore e se si sta un po' seduti a osservare il via vai si capisce che è una clientela nella maggior parte alta, di imprenditori, professionisti, gente che può spendere.
Sarmeola di Rubano è sulla strada statale e attorno ci sono fabbriche e grandi magazzini e uffici, siamo a otto chilometri da Padova e per chi come me viene da Roma, siamo a Padova, siamo quasi in centro, i taxi dalla stazione costa € 12, a Roma ci fai tre semafori.

Calandrino3.jpg

La sera prima avevamo fatto tappa alle Calandre, cioè il ristorante che apre le sue porte a fianco del Calandrino e che è stato il locale che ha svolto il ruolo di motore trainante di questo che è ormai un gruppo, con l'albergo Il Maccheroni, il negozio di fronte, la gestione della Montecchia, il ristorante del club del golf di Padova, la produzione marchiata Ingredienti, l'attività editoriale.
Una cena come al solito superba, alla faccia di quelli che mi avevano detto che Max Alajmo si era un po' fermato.
Eravamo in quattro, con Andrea Petrini della guida di Omnivore, Alexandra Michot del Figarò, la giornalista che lavora con Francois Simon e Roberto Anselmi, un grande produttore e in omaggio a lui abbiamo bevuto vecchie annate perfette dei suoi grandi bianchi e un incredibile Realda, cabernet sauvignon dell'inizio anni Novanta.
Essere in quattro permette di assaggiare un po' tutti i piatti.
Le sardine e alici abbrustolite sono un inzio perfetto e perfetti sono gli scampi tostati con formaggio fresco di latte di fave al limone e mela.
A seguire risotto alla rosa, pesca settembrina e zenzero, poi filetto impanato ma non cucinato con salsa tonnata, il piccione di Sante ai mirtilli selvatici, il rognone di vitello abbrostolito con cipolla e angustura e il fritto di verdure con crema gelata, che vedete nella foto dell'iPhone.

Calandrino_Calandre.jpg

Ormai quella di Massimiliano Alajmo è una cucina sicura, che non cerca l'applauso o il colpo di scena ma si sviluppa, piatto dopo piatto, sempre ad altissimo livello, con due menu degustazione, uno da € 145 e uno da € 200, mantenendo le Calandre ai vertici europei della ristorazione.
Questi giri, però, permettono anche di sentire dal vivo come è la situazione: la crisi c'è, si vede e si sente.
A Villa Fiordaliso parlano di un meno 20% e anche alle Calandre dicono che i clienti, anche quelli abbienti, fanno una o due puntate in meno al ristorante e due in più al Calandrino.
Qui siamo ai vertici, per i più piccoli, giovani di belle speranze, si sente dire che la situazione è ancora più dura, si sentono tam tam di chiusure.
Fare qualità è sempre più difficile. 

FOTO S. BONILLI

commenti 13

La colazione al bancone del Calandrino è una delle esperienze che ricordo con maggiore commozione. Tutto buonissimo e servizio impeccabile, che dovrebbero provare tanti baristi per imparare qualcosa che non costa nulla e si chiama "professionalità".

02 Ott 2009 | ore 16:12

"fare qualità è sempre più difficile". Verissimo ma, caro Bonilli, tutti sappiamo che alla lunga, paga. Anche se siamo in epoca di crisi.

Esssendo io veneta prendo nota del locale ed anche dei vini che mi fanno comunque salivare, anche se sono solo le 16.30

02 Ott 2009 | ore 16:14

ho molto sentito parlare, da amici ed altrove, di una nuova ricerca di alajmo nel campo dei profumi e delle essenze.
non ne trovo traccia, nel tuo racconto.
non ti son piaciute, non ti hanno particolarmente intrigato o semplicemente non erano previste nei vostri piatti?
insomma in questo mese prevedo un viaggio nel nord-est e piuttosto che mangiare mediamente bene tre volte preferisco due cartocci in albergo ed una grande cena.
ma dati i tempi con un menu' a 225 + vini ( l'ultima volta fu cosi') vorrei sbagliare nulla.

02 Ott 2009 | ore 16:47

Ho scritto che la ricerca merita un post dedicato, ad hoc, e approfondito e quindi sarà più avanti nel tempo.

02 Ott 2009 | ore 17:01

Vorrei chiedre a voi tutti che siete certamenti più esperti e saggi di me (volevo dire più anziani): ma è la "gggente" a dover andare verso la qualità, o è la qualità a dover andare verso la "gggente".
Perché temo che un sacco di persone non sono state mai nemmeno sfiorate dalla "qualità".
Io per esempio mi sono arrangiato, ma chi non si arrangia è destinato a morire nelle "trattorie-tradizione-cattiva digestione"?

02 Ott 2009 | ore 17:14

Non so se sono più esperta oppure più saggia di te, ma ti do egualmente una risposta: credo che sia gli operatori del settore che devono sforzarsi (anche se in teoria il verbo è scelto male, poiché non dovrebbe essere uno sforzo, ma una vocazione, un piacere) di proporre la qualià sempre e comunque, anche per educare chi non abbia nemmeno idea di cosa questa parola significhi. certo, come accennavo sopra è un lavoraccio, ma io sono davvero convinta che alla lunga paghi.

02 Ott 2009 | ore 18:01

Penso che non possiamo pretendere che il consumatore studi a casa... da consumatore. Impara con l'esperienza. Troppo pochi i ristoranti di qualità per trasmettere cultura. Rimando la palla a chi, non facendo cucina, ma informazione dovrebbe avere educato, ammaliato, fascinato, incuriosito il consumatore. In sintesi meglio più concorrenti di qualità, che giocare una partita dalle regole sconosciute ai più. Purtroppo Firenze, essendo turistica è una delle piazze peggiori per essere individuato-riconosciuto. Capita di sentirsi come i protagonisti del film big night, schiacciati da una concorrenza non qualitativamente apprezzabile.

02 Ott 2009 | ore 23:22

Quando si raccontano storie di cuochi che stanno in alto, famosi, stellati, di successo internazionale sembra sempre, visto il silenzio che accoglie questi racconti, che la storia venga intesa quasi come un vanto e non si capisce invece che lo scopo è quello di far intendere che i cuochi più bravi sono anche quelli che vanno seguiti e studiati.
Prendiamo Massimiliano Alajmo, il più giovane tre stelle Michelin nella storia della guida più famosa del mondo, e la sua ricerca sui profumi fatta insieme con uno dei primi specialisti del settore esistenti al mondo.
Siamo in territori avanzatissimi e queste ricerche dovrebbero interessare prima di tutto i cuochi e in seconda battuta gli appassionati ma comunque dovrebbero far capire che non siamo nel terreno del buono e non buono e che nella grande ristorazione non si deve solo e sempre guardare alla Spagna e che forse il lavoro dei nostri cuochi di punta andrebbe raccontato oltre la descrizione di un piatto, il voto, il mi piace e non mi piace.
Ed è quello che prossimamente proveremo a fare sperando che interessi e che anche il semplice appassionato veda queste ricerche non come fughe in avanti verso territori che non si capiscono o non interessano ma come una delle molte strade di crescita della cucina, che è anche ricerca e sperimentazione.

03 Ott 2009 | ore 01:17

Si tratta di indirizzi di qualità, diversi ma di qualità, sono in parte anche fortunati perchè sono posizionati in zone dove c'è un reddito procapite abbastanza alto con persone che apprezzano la qualità, nesun mette in dubbio il loro lavoro di ricerca e di cucina. In merito alla crisi, che non è passeggera, si sta modificando il modo di consumare e di uscire a mangiare, accanto ai ristoranti di qualità si sono affiancati dei locali sempre della stesso nome ma con proposte più accessibili, più semplici, più facili, da portare anche a casa, non so se sia la soluzione o crei confusione ma può essere un modo forse per recuperare quel 20-30% perso. Vedi Cozna Vera di Veyrat ad Annecy o Be di Ducasse a Parigi

03 Ott 2009 | ore 12:39

Quella torta di rose, bellissima...e senza parole mi lascia sempre Alajmo, tra entusiasmo e sconforto.
Spero si parli in futuro anche di "In.gredienti" (secondo me il più bel libro di uno chef edito in Italia).

03 Ott 2009 | ore 15:11

Buongiorno! Io son ritornato nella perfida Albione attraversando Borgogna e Champagne: e al momento rientro da un ''girocane'' (con lo zoppicante, speriamo per poco, Bussy von Muttley) dal Cimitero di Brompton: in effetti semplicemente un parco pieno di scoiattoli!
Cenato a Chassagne Montrachet: ed i vini non erano di Anselmi. Girovagato per Mareuil-sur-Ay: ed il Goisses e' veramente incredibile. Il cibo: ottimo, forse molto tradizionale. Ed e' quello che ti aspetti di mangiare in Borgogna o ad Epernay: un po' come andare da Torello e da Sara Latini a mangiare la bistecca...
Rientrando dalla Toscana diretto al nord mi son fermato dalla mia amica Elena che mi ha riempito di tartufi: questa sera li gusteremo con cari amici londinesi su delle uova del Kent, con della microvaleriana Duchy e grattati su delle fantastiche acciughe del barile. Domani? Di corsa al Lanesborough per il grandissimo Heinz B.

04 Ott 2009 | ore 13:27

Dimenticanza: e a gogo' sui dei tagliolini fatti con 25 rossi ogni chilo di farina... Brilliant!

04 Ott 2009 | ore 19:19

Ci sono stato il 16 settembre, la mia prima volta in un tre stelle tra parentesi: locale non particolarmente lussuoso, tavoli correttamente spaziati,servizio gentile e affabile, molto disponibile,visita al tavolo di Massimiliano e Raffaele; mangiato molto bene, piatti capibilissimi anche dal sottoscritto, un pò profano all'alta cucina,una menzione per le sardine e alici abbrustolite e per il piccione ai mirtilli, sontuoso.Un pò troppo ricercato il dessert tessitura al cioccolato.Per mia moglie. vegetariana,buono il risotto alla rosa e pesca, profumatissimo, frittura vegetale con gelato al peperone , molto buono, piatto abbondante, forse troppo. Dormito all'albergo annesso, bella comodità.Sicuramente un bellissimo ricordo.

05 Ott 2009 | ore 09:35

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